• Oltre la tastiera: il peccato sociale nell’era digitale

    Oltre la tastiera: il peccato sociale nell’era digitale

    [Tempo di lettura: 10 minuti]

    Sappiamo che allontanarsi e perdere il contatto e la coerenza con la Narrazione Ultraterrena a cui ci affidiamo per orientarci, ci fa soffrire. Anche nella nostra vita digitale questo può avvenire.

    Mi è stato chiesta una riflessione nell’ambito del percorso “Esercizi Spirituali nella Vita Ordinaria secondo il metodo di S. Ignazio, per Sposi”, meglio noto nella diocesi di Treviso come: “EVO Sposi”. Ecco il quesito che mi è stato posto:

    Ti vorrei poi chiedere se te la senti di scrivere una breve riflessione su come il peccato sociale si strutturi anche attraverso il nostro uso poco consapevole, che diventa cattivo uso, degli strumenti informatici e di ciò a cui ci danno accesso. Per spiegarti meglio, stiamo rivedendo tutte le schede evo e vorremmo per la scheda [riguardante lo sguardo di fede sulla realtà del male] avere degli esempi più attuali . Ho pensato a te per questa parte del nostro quotidiano.


    La “riflessione” qui sopra è in realtà una sorta di sintesi automatica prodotta da un essere fittizio, privo di esperienza corporea, la cui essenza è il condensato di un trilione di testi: è il prodotto di un Large Language Model ovvero di uno di quei costrutti informatici che al momento chiamiamo intelligenze artificiali, sebbene non siano né particolarmente intelligenti né particolarmente artificiali.

    Stanco, sopraffatto dal pensiero dell’inesorabile crescita della lista delle cose da completare, mi son detto: “Perché no?” ed ho attivato un costrutto informatico affinché elaborasse la scheda riguardante “lo sguardo di fede sulla realtà del male” e le consegne di Letizia, e scrivesse una riflessione al posto mio. Ecco, l’ho confessato!

    So benissimo di essere caduto nella cosiddetta automation bias cioè l’errore tipico di chi si appoggia troppo all’automazione e confida aprioristicamente sulla bontà della sua produzione. Ma è davvero troppo comodo! Peraltro, usare un LLM è un modo di lavorare che in molte situazioni è produttivo ed efficace, a partire dalla familiarità, per me, con la tastiera, lo schermo ed il mouse.

    Il mio cellulare ed il mio computer sono ormai delle costanti nelle mie giornate, fanno parte di me. Ad essere precisi, non proprio i due oggetti ma i trattamenti di dati, informazioni, comunicazioni e conoscenze che posso fare grazie ad essi. 

    Senza l’accesso a tali flussi, non potrei acquisire così velocemente informazioni e prendere decisioni rapide, restare in contatto durante la giornata con così tanta gente lontana (neanche con le telefonate reggerei a tali ritmi), dare e ricevere denaro, intervenire sul flusso operativo dell’azienda o accendere, a distanza, il riscaldamento di casa etc. etc.

    Mi riconosco non più come “persona-corpo biologico” ma come “persona-corpo biologico+estensione cibernetica”. Quanti film di fantascienza ho guardato! Ed ora mi accorgo di essere diventato io stesso un organismo cibernetico, un cyborg che, in quelle opere, è più frequente che vengano dipinti a toni tetri che come figure positive.

    Negli anni ’60, McLuhan pubblicò il libro Understanding Media: The Extensions of Man (in italiano Gli strumenti del comunicare) in cui coniò la celebre frase “il mezzo è il messaggio”. Con questa affermazione, McLuhan intendeva sottolineare come la natura di un mezzo di comunicazione influenzi profondamente il modo in cui il messaggio viene percepito e interpretato, a volte persino più del contenuto stesso. Ad esempio, un messaggio trasmesso attraverso la televisione avrà un impatto diverso rispetto allo stesso messaggio trasmesso attraverso un libro o un giornale, perché la televisione, in quanto mezzo,  privilegia l’immagine e l’immediatezza rispetto alla riflessione e all’approfondimento. 

    Chissà cosa direbbe McLuhan constatando che il mezzo è innestato nella persona?!

    Sta di fatto che il nonluogo, l’internet, è comunque sede di interazioni organizzative effettive e degli eco delle relazioni affettive, come abbiamo imparato ben bene durante l’epoca del COVID. Dunque non solo il digitale estende la nostra capacità biologica di interagire e relazionarci ma tocca anche la sfera della psiche.

    In questi anni, non si contano le incursioni della tecnologia nelle basi della vita: neuralink (la connessione tra elettronica e cervello a supporto della disabilità), bioingegneria, neural imaging, TEA (tecnologie di evoluzione assistita), organoidi… Da questo punto di vista, l’ideologia del gender può essere interpretata quale tristo presagio di tutto questo lavorio volto a conquistare controllo su almeno due livelli dell’esistenza delle persone: quello biologico e quello percettivo. 

    È vero anche il viceversa: ci sono incursioni della biologia e della psiche nel freddo terreno della tecnologia. Per esempio, i big data e le già citate Intelligenze Artificiali sembrano evolversi autonomamente, come se avessimo dato loro una vita propria.

    Non stupisce che, a questi grandi e potenti nuovi mezzi, corrispondano nuove varietà di quei frutti che nascono dall’interno della persona. Faccio riferimento a Luca 6,43-45.

    43 Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

    Ci sono frutti facili e difficili da cogliere e ci sono frutti che nutrono ed altri che intossicano. Qui ci concentriamo sui frutti, facili o difficili da cogliere, che intossicano.

    Un frutto difficile da cogliere è quello che nasce dall’accoppiata della tecnologia con un’etica focalizzata sul profitto anziché con il bene comune. 

    • Ed ecco che X, il social network che si chiamava Twitter, diventa uno strumento di disinformazione e di esercizio del potere. In generale, i social network ci fanno vivere ogni giorno nel paradosso: uniscono e dividono. Uniscono le persone alle persone e dividono le persone al loro interno, al loro inferno digitale. Lì “è pianto e stridore di denti” e qualcuno ne resta sopraffatto, sentendosi perduto, profondamente sconsolato, disconnesso dalla rete salvifica degli affetti. 
    • Ed ecco che il fatto di poter editare il codice genetico ci può far arrivare un giorno a dubitare dell’alterità, dell’avere un mistero davanti a sé quando si incontra una persona. Anziché: “Chi ho davanti a me? Quale persona, risultato della sua storia vissuta fino a questo momento, ho davanti a me?” potremmo un giorno chiederci: “A quale dei ceppi genetici che abbiamo creato appartiene questo umano?”.
    • L’economia della sorveglianza è un concetto che descrive un nuovo modello economico in cui la raccolta e l’analisi dei dati personali degli utenti vengono utilizzate come materia prima per generare profitto. In altre parole, le nostre azioni online e offline vengono monitorate e trasformate in informazioni preziose che le aziende possono sfruttare per vendere prodotti e servizi personalizzati, prevedere i nostri comportamenti e influenzare le nostre decisioni. Potere, disuguaglianza e violazione della privacy sono i suoi frutti.
    • La consapevolezza del problema della bolla informativa è crescente, ma ancora insufficiente. Sempre più persone e ricercatori si rendono conto di come gli algoritmi personalizzati possano limitare la nostra esposizione a punti di vista diversi dai nostri, creando così delle vere e proprie “bolle” informative. La bolla informativa ci offre un ambiente confortevole, in cui siamo circondati da opinioni che condividiamo. Confermare le nostre credenze ci dà un senso di sicurezza e appartenenza.  Gli algoritmi delle piattaforme online sono progettati per prevedere i nostri interessi e mostrarci contenuti sempre più personalizzati, rafforzando così la nostra bolla.
    • E se crediamo che fake news e deep fake siano fenomeni su grande scala, mettiamoci calmi e riguardiamo qualche chat sul nostro cellulare. Quanti istituti scolastici ci sono nella città? E quante classi? Beh, per ciascuna classe solitamente c’è un gruppo su WhatsApp, gentilmente e gratuitamente (ma dove?!) messo a disposizione dal Sig. Zuckerberg. Tipicamente, capita che ci siano delle discussioni interessanti e che si arrivi a delle conclusioni degne di nota. Queste però non sono ordinatamente archiviate, sono da qualche parte nel flusso indistinto della chat che, col passare delle settimane, sbiadisce nell’oblio. Ciò che è accaduto è che abbiamo usato uno strumento che intrinsecamente porta all’amnesia e di qui il passo con la confusione e gli equivoci è breve. Oltre a questo, stiamo dando qualcosa al Sig. Zuckerberg e non siamo neppure ben consapevoli di cosa gli stiamo dando. E non contenti abbiamo creato un meccanismo sociale tale per cui, siamo quasi costretti a farlo: è diventata una consuetudine, così fattuale da affiorare anche in qualche vicenda giuridica. Se questi sono i frutti, qual è la fonte nel cuore delle persone che li ha generati? L’uso imprevidente dello strumento. 

    Quest’ultimo peccato digitale è al confine tra il sociale ed il personale. Nella sfera personale, i frutti tossici sono forse più facili da cogliere.

    • Senti il bisogno di controllare continuamente il tuo smartphone, anche quando non ci sono notifiche? Hai paura di perderti qualcosa che sta succedendo online e senti il bisogno di essere sempre connesso? Hai difficoltà ad addormentarti o a mantenere un sonno profondo a causa dell’uso eccessivo dei dispositivi elettronici prima di andare a letto? Ti risulta difficile concentrarti sui tuoi compiti o studiare a causa delle continue distrazioni provenienti dal tuo telefono o computer? Preferisci interagire con gli altri attraverso i social media piuttosto che di persona, e hai difficoltà a instaurare relazioni significative? Ti senti spesso stressato, irritabile o ansioso a causa dell’overload di informazioni e stimoli provenienti dal mondo digitale? Soffri di mal di testa, affaticamento degli occhi o dolori alla schiena a causa di un uso prolungato dei dispositivi elettronici? Se si, hai bisogno di digital detox
    • Grazie al neural imaging, si è rilevato che gli effetti sul cevello della dipendenza da certe droghe presentano analogie con quelli dovuti alla dipendenza dalla pornografia. Sia la dipendenza da sostanze che quella da pornografia attivano e modificano circuiti cerebrali simili, in particolare il sistema della ricompensa. Questo sistema, quando viene stimolato da sostanze o comportamenti gratificanti (come guardare materiale pornografico), rilascia dopamina, un neurotrasmettitore che produce sensazioni di piacere e rinforza il comportamento. Come nelle dipendenze da sostanze, anche nella dipendenza da pornografia si possono sviluppare tolleranza (necessità di stimoli sempre più intensi per provare la stessa gratificazione) e sintomi da astinenza (ansia, irritabilità, depressione) quando si cerca di ridurre o interrompere il comportamento. Sia gli individui dipendenti da sostanze che quelli con dipendenza da pornografia manifestano comportamenti compulsivi, difficoltà a controllare gli impulsi e una crescente difficoltà a svolgere le attività quotidiane. Entrambe le dipendenze possono causare alterazioni cognitive, come difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e alterazioni dell’umore. Il digitale ha messo a disposizione di tutti una quantità enorme di materiale pornografico la cui fruizione può portare ad una condizione che, come avrai capito, non è un semplice vizio.
    • Se dal punto di vista organizzativo, annullare tempi e distanze è un gran vantaggio quasi sempre (non sempre, esistono delle particolari situazioni organizzative in cui un minimo di tempo e distanza sono necessari), dal punto di vista affettivo è l’esatto contrario. Se l’attesa amplifica il desiderio (= “lontano dalle stelle”) ed il desiderio è ciò che ci proietta nel siderale, l’immediata accessibilità a un’infinità di informazioni e stimoli offerta dal mondo digitale può tenerci a terra, privi di slanci immaginativi e spirituali. Il senso di sazietà immediata attenua il desiderio di cercare e scoprire nuove cose. La possibilità di connettersi con chiunque e ovunque annulla la distanza fisica e psicologica che alimentava il desiderio. Gli algoritmi personalizzano i contenuti, ma spesso in modo omogeneizzante, limitando la possibilità di fare esperienze uniche e inaspettate. La costante sollecitazione da parte dei dispositivi digitali frammenta la nostra attenzione, rendendo difficile concentrarsi su un singolo obiettivo o desiderio.
    • Il rapporto tra una persona e un chatbot può essere fonte di problematiche e avere conseguenze negative. I chatbot sono programmati per simulare conversazioni umane, creando l’illusione di una relazione profonda e significativa. Esistono casi documentati in cui emerge che si è arrivati all’attaccamento affettivo che, quando ci si rende conto della natura della relazione, può portare a sentimenti di solitudine e isolamento. C’è chi cerca supporto emotivo in questi costrutti informatici, per poi rimanere deluso e frustrato perché essi non sono in grado di tenere conto della complessità delle relazioni umane. Però se in questo momento senti il bisogno impellente di una confessione, non serve che aspetti un prete fisico: per te c’è, disponibile qui ed ora, Deus in Machina.
    • Se qualcuno o qualcosa aiuta le persone ad incontrarsi o, addirittura, a trovare il compagno o la compagna della propria vita, in linea di principio, non può che essere valutato positivamente! Eppure, se si passa per un’app per il nostro smartphone, questa può essere utilizzata eccessivamente, come qualunque altra app.  Cosa succede se si ricorre troppo ad app di incontri? Le app di incontri presentano un flusso costante di profili, spesso ritoccati e presentati sotto una luce estremamente positiva. Questo crea un ambiente in cui gli utenti si confrontano costantemente con un ideale di bellezza e perfezione spesso irrealistico. Tale confronto può portare a sentirsi inadeguati e a sviluppare una bassa autostima. Il meccanismo del “match” e del “non match” può essere fonte di rigetti continui. Ogni rifiuto può essere vissuto come un giudizio personale sul proprio valore, erodendo l’autostima e generando sentimenti di inadeguatezza. La necessità di creare un profilo accattivante e di ricevere approvazione dagli altri può generare ansia da prestazione significativa. La paura di non essere all’altezza delle aspettative può portare a un circolo vizioso di insicurezza e perfezionismo. Paradossalmente, l’uso eccessivo delle app di incontri può portare a un maggiore isolamento sociale. La ricerca costante di connessioni virtuali può sostituire le interazioni reali, limitando le opportunità di sviluppare relazioni autentiche e profonde. Questo isolamento può a sua volta influenzare negativamente l’autostima. L’uso compulsivo delle app di incontri può portare a una dipendenza psicologica, simile ad altre dipendenze comportamentali. La ricerca costante di gratificazione immediata attraverso i “match” e le interazioni virtuali può distrarre dalle altre aree della vita, indebolendo l’autostima e generando sentimenti di vuoto.
    • Anche nella genitorialità, il digitale può essere sede di nuovi peccati. Pensiamo ad un genitore costantemente attaccato al telefono o al computer: che esempio può dare? Figurarsi se poi uno è capace di impostare limiti e monitorare le attività online dei figli, sensibilizzandoli ai rischi dovuti all’uso eccessivo o all’esposizione a contenuti inappropriati o a contatti pericolosi! Al contrario, qualche volta il digitale viene usato come babysitter, che tiene occupati i bambini, al riparo dal fango e dai rischi che i giochi all’aperto, come le attività dello scoutismo, possono comportare. Sta al genitore la responsabilità di mostrare come essere presente, non distratto da notifiche e chiamate che fanno sentire poco importante chi hai davanti. Come pure la trasmissione della cultura della privacy, anziché condividere foto o video dei figli sui social media senza il loro consenso esponendoli al giudizio degli altri ed inducendo paragoni insani tra ragazzi e bambini.

    Torniamo a Luca 6,43-45: gli strumenti non sono buoni o cattivi. Ma il digitale richiede studio, conoscenza, cultura come reazione alle forzature culturali operate da grandi poteri economici e politici. Non smettiamo mai di immaginarci Gesù col cellulare in mano: che uso ne farebbe attraverso le nostre dita?

  • Trattamento delle informazioni nella consulenza integrata

    Trattamento delle informazioni nella consulenza integrata

    [Tempo di lettura: 14 minuti]

    Dedicato agli amici di ORA.Team

    Cominciamo con una storia inventata ma realistica

    Un’Incongruenza rivela una verità nascosta

    Nella pittoresca regione del Chianti, l’azienda vinicola “Terre Antiche”, un tempo fiore all’occhiello della tradizione, si trovava ad affrontare le sfide della modernità. L’aumento della produzione e l’espansione verso nuovi mercati avevano messo a dura prova il loro sistema logistico, ormai obsoleto. Era giunto il momento di un cambiamento radicale: l’adozione di un nuovo software di logistica.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Per guidare questa trasformazione, Terre Antiche si affidò a due consulenti esperti:

    • Giulia, esperta di organizzazione delle risorse umane, con una profonda conoscenza delle dinamiche aziendali e delle esigenze dei lavoratori.
    • Marco, esperto informatico, appassionato di tecnologia e innovazione, pronto a sfruttare il potenziale del digitale per ottimizzare i processi.

    Insieme, iniziarono a utilizzare il software di consulenza integrata, compilando meticolosamente le sezioni relative alle loro aree di competenza. Giulia si concentrò sui processi HR, le competenze del personale e il clima aziendale, mentre Marco si immerse nei trattamenti di dati, nei profili autorizzativi e nei casi d’uso del nuovo sistema.

    Mentre i dati si accumulavano nel software, emerse un’incongruenza che attirò la loro attenzione. Giulia aveva inserito un KPI relativo al “tasso di errore nelle spedizioni”, misurato come percentuale di ordini evasi in modo errato. Marco, dal canto suo, aveva valutato l’”affidabilità del sistema di tracciabilità delle spedizioni”, misurando la percentuale di spedizioni tracciate correttamente dal software.

    In teoria, queste due misure avrebbero dovuto essere correlate: un sistema di tracciabilità affidabile dovrebbe portare a un minor numero di errori nelle spedizioni. Tuttavia, i dati raccontavano una storia diversa. Mentre l’affidabilità del sistema di tracciabilità era elevata, il tasso di errore nelle spedizioni rimaneva ostinatamente alto.

    Questa incongruenza spinse Giulia e Marco a indagare più a fondo. Analizzando i dati e intervistando il personale, scoprirono una verità sorprendente: gli errori nelle spedizioni non erano causati da problemi tecnologici, ma da una mancanza di comunicazione e collaborazione tra i diversi team coinvolti nel processo logistico.

    Il personale addetto alla preparazione degli ordini non era sempre informato sulle specifiche richieste dei clienti o sulle eventuali modifiche dell’ultimo minuto. Gli autisti, a loro volta, non sempre ricevevano istruzioni chiare sulle priorità di consegna o sulle eventuali restrizioni di accesso ai luoghi di consegna.

    Questa scoperta fu un campanello d’allarme per Terre Antiche. Il nuovo software di logistica, per quanto efficiente, non poteva risolvere da solo i problemi di comunicazione e collaborazione radicati nell’azienda. Era necessario un intervento più ampio, che coinvolgesse la formazione del personale, la revisione dei processi e la promozione di una cultura aziendale basata sulla comunicazione aperta e la collaborazione interfunzionale.

    Grazie alla consulenza integrata e all’utilizzo del software, Terre Antiche aveva scoperto una criticità nascosta che, se ignorata, avrebbe potuto compromettere il successo del progetto di trasformazione logistica. Questa consapevolezza permise all’azienda di affrontare il problema alla radice, trasformando una potenziale minaccia in un’opportunità di crescita e miglioramento.

    Cos’è la Consulenza Integrata nel Paradigma della Complessità?

    La consulenza integrata, nel contesto del paradigma della complessità, è un approccio dinamico e co-evolutivo alla consulenza che non solo riconosce l’interconnessione tra consulente, cliente e sistema, ma anche l’importanza di integrare i punti di vista di più consulenti appartenenti ad aree di competenza differenti ma confinanti. Questa integrazione di competenze e prospettive permette di affrontare la complessità in modo più completo ed efficace, garantendo che le soluzioni emergenti siano sostenibili e rispondano alle molteplici sfaccettature della situazione.

    In questo paradigma, il team di consulenti diventa un sistema a sé stante, in cui ogni membro contribuisce con la propria expertise e il proprio punto di vista unico, arricchendo il processo di co-creazione e aprendo nuove possibilità. La consulenza integrata diventa così un’orchestrazione di competenze, in cui il dialogo e la collaborazione tra i consulenti sono fondamentali per creare soluzioni innovative e olistiche.

    Esempi di Consulenza Integrata con Integrazione di Competenze

    • Pianificazione finanziaria familiare: un team di consulenti finanziari, legali e fiscali collabora per creare un piano finanziario completo che tenga conto di tutti gli aspetti legali e fiscali, oltre che delle esigenze e degli obiettivi della famiglia.
    • Supporto alla transizione di carriera: consulenti di carriera, psicologi e coach lavorano insieme per fornire un supporto completo all’individuo, aiutandolo a esplorare le sue opzioni, sviluppare le sue competenze e gestire l’aspetto emotivo del cambiamento.
    • Sviluppo comunitario: urbanisti, sociologi, ambientalisti ed economisti collaborano per facilitare un processo di sviluppo comunitario partecipativo e sostenibile, integrando le diverse prospettive e competenze per creare soluzioni innovative.
    • Gestione di situazioni di crisi familiari: psicologi, assistenti sociali, avvocati e mediatori familiari lavorano insieme per fornire un supporto completo alla famiglia in crisi, affrontando gli aspetti emotivi, legali, sociali ed economici della situazione.
    • Supporto a individui con bisogni speciali: educatori, terapisti, assistenti sociali e consulenti legali collaborano per creare un piano di supporto personalizzato che tenga conto delle esigenze specifiche dell’individuo e lo aiuti a raggiungere i suoi obiettivi di autonomia e inclusione.

    Vantaggi dell’Integrazione di Competenze nella Consulenza Integrata

    • L’integrazione di diverse competenze permette di affrontare la complessità in modo più completo, considerando tutti gli aspetti della situazione.
    • La collaborazione tra consulenti con background diversi stimola la creatività e l’innovazione, portando a soluzioni più efficaci e sostenibili.
    • La presenza di un team di esperti con competenze complementari aumenta la fiducia del cliente nel processo di consulenza.
    • La collaborazione tra consulenti favorisce lo scambio di conoscenze e l’apprendimento reciproco, contribuendo alla crescita professionale di tutti i membri del team.

    Consulenza integrata nei progetti di cambiamento

    Ho già trattato in un altro articoletto, a grandi linee, la relazione tra consulenza e progetti di cambiamento in sistemi complessi.

    Uniamo i due argomenti con approccio pratico. Come si possono integrare i consulenti per supportare progetti di cambiamento in sistemi complessi?

    Ogni disciplina o area di competenza sviluppa una propria ontologia, ovvero un modo specifico di concettualizzare e rappresentare il mondo. Queste ontologie possono variare in termini di terminologia, struttura e relazioni tra i concetti.

    Le semantiche definiscono il significato dei termini e delle relazioni all’interno di un’ontologia. Anche se due ontologie condividono alcuni termini, le loro semantiche possono differire, portando a interpretazioni diverse degli stessi concetti.

    Nonostante le differenze ontologiche e semantiche, le aree di competenza confinanti presentano inevitabilmente punti in comune e sovrapposizioni. Questi punti di contatto creano un terreno fertile per l’integrazione e la collaborazione tra i consulenti.

    Quando i consulenti valutano la configurazione del sistema dalle loro prospettive specifiche, possono emergere contraddizioni o incongruenze tra le loro valutazioni. Queste contraddizioni possono essere dovute a differenze ontologiche, semantiche o semplicemente a interpretazioni diverse dei dati disponibili. Oppure, possono corrispondere a contraddizioni insite nel sistema, tensioni e dinamiche che causano disequilibri e che meritano particolari attenzioni, fino a diventare cruciali nel formulare il progetto di cambiamento.

    Allo stesso tempo, le valutazioni dei consulenti possono anche portare a conferme multiple, ovvero a convergenze o sovrapposizioni tra le loro conclusioni. Queste conferme rafforzano la validità delle osservazioni e aumentano la fiducia nelle soluzioni proposte.

    Il processo di integrazione delle prospettive dei diversi consulenti è analogo all’incrocio dei raggi luminosi di due torce elettriche: aiuta a distinguere tra verità e falsità.

    Le contraddizioni spingono i consulenti a riesaminare le loro ipotesi, a chiarire le loro semantiche e a cercare un terreno comune. Questo processo di confronto e negoziazione può portare a una comprensione più profonda del sistema e a soluzioni più robuste.

    Le conferme multiple, d’altra parte, aumentano la probabilità che le osservazioni siano corrette e che le soluzioni proposte siano efficaci.

    In conclusione, la consulenza integrata, attraverso l’integrazione di prospettive diverse, favorisce un processo di confronto e negoziazione che aiuta a distinguere tra verità e falsità, portando a una comprensione più profonda del sistema e a soluzioni più efficaci e sostenibili. I vantaggi, nel condurre progetti di cambiamento, sono evidenti.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Valutazione integrata

    Un consulente è tale se è efficace nel formulare valutazioni nel proprio ambito di competenza. Se la collaborazione tra consulenti è stabile, si può concepire un sistema di valutazione congiunto, capace di esprimersi anche nella zona grigia che si trova tra i confini delle aree di competenza, quindi ai margini rispetto al focus del singolo consulente. La relazione può trasformare in forza un tipico punto debole della consulenza e diventare tratto distintivo per il team di consulenti.

    Occorre però investire nella definizione congiunta di criteri di valutazione nei concetti di confine delle ontologie dei consulenti.

    Consideriamo un esempio concreto: la logistica aziendale affrontata da un esperto di organizzazione delle risorse umane e da un esperto informatico.

    Concetti nella zona di confine

    • Gestione delle informazioni:
      • HR: L’esperto HR potrebbe essere interessato a come le informazioni sui dipendenti (disponibilità, competenze, turni) vengono raccolte, condivise e utilizzate per ottimizzare la pianificazione logistica.
      • IT: L’esperto IT si concentrerebbe sui sistemi informatici e le tecnologie utilizzate per gestire e condividere queste informazioni, garantendo l’accuratezza, la sicurezza e l’accessibilità dei dati.
    • Formazione e competenze:
      • HR: L’esperto HR valuterebbe le competenze necessarie per svolgere le attività logistiche e identificherebbe eventuali lacune formative, proponendo programmi di formazione e sviluppo.
      • IT: L’esperto IT potrebbe contribuire alla formazione fornendo strumenti informatici e piattaforme di e-learning per supportare l’acquisizione di nuove competenze.
    • Comunicazione e collaborazione:
      • HR: L’esperto HR si preoccuperebbe di garantire una comunicazione efficace tra i diversi team coinvolti nella logistica, promuovendo la collaborazione e la risoluzione dei conflitti.
      • IT: L’esperto IT potrebbe fornire strumenti di comunicazione e collaborazione digitale per facilitare lo scambio di informazioni e il coordinamento delle attività logistiche.
    • Ergonomia e sicurezza sul lavoro:
      • HR: L’esperto HR si concentrerebbe sulla progettazione di ambienti di lavoro sicuri ed ergonomici per i lavoratori coinvolti nelle attività logistiche, riducendo il rischio di infortuni e malattie professionali.
      • IT: L’esperto IT potrebbe contribuire fornendo tecnologie e strumenti per monitorare e migliorare la sicurezza sul lavoro, come sistemi di tracciamento dei movimenti o dispositivi di protezione individuale intelligenti.
    • Automazione e robotica:
      • HR: L’esperto HR valuterebbe l’impatto dell’automazione e della robotica sulla forza lavoro, identificando le esigenze di riqualificazione e gestendo eventuali cambiamenti organizzativi.
      • IT: L’esperto IT si occuperebbe dell’implementazione e della manutenzione delle tecnologie di automazione e robotica, garantendo la loro integrazione con i sistemi esistenti e la loro efficienza operativa.

    Questi concetti, pur essendo ai margini dei focus principali dei due consulenti, rappresentano aree di sovrapposizione in cui le loro competenze e prospettive possono integrarsi per creare soluzioni logistiche più complete ed efficaci.

    La collaborazione tra l’esperto HR e l’esperto IT in queste aree può portare a una migliore comprensione delle esigenze logistiche dell’azienda, all’identificazione di opportunità di miglioramento e all’implementazione di soluzioni innovative che tengano conto sia degli aspetti umani che tecnologici.

    Criteri di valutazione dei due consulenti considerati disgiuntamente

    L’esperto informatico, nella sua valutazione della questione logistica, utilizzerà probabilmente una rappresentazione basata su concetti e strumenti tipici dell’informatica, come:

    • Trattamenti di dati: descriverà come i dati vengono raccolti, archiviati, elaborati, trasmessi e utilizzati all’interno del sistema logistico. Questo include l’identificazione dei tipi di dati coinvolti (ad esempio, informazioni sui dipendenti, inventario, ordini, spedizioni), le finalità del trattamento e le misure di sicurezza adottate.
    • Profili autorizzativi: definisce chi ha accesso a quali dati e quali operazioni può eseguire su di essi. Questo è fondamentale per garantire la sicurezza e la riservatezza delle informazioni, soprattutto quando si tratta di dati sensibili come quelli relativi ai dipendenti.
    • Attori: identifica i diversi ruoli e responsabilità all’interno del sistema logistico, come ad esempio gli addetti al magazzino, gli autisti, i responsabili delle spedizioni, ecc. Questo aiuta a comprendere il flusso di lavoro e le interazioni tra i diversi attori.
    • Casi d’uso: descrive le diverse funzionalità del sistema logistico dal punto di vista dell’utente, come ad esempio la registrazione di un nuovo ordine, la tracciabilità di una spedizione, la gestione dell’inventario, ecc. Questo aiuta a comprendere le esigenze degli utenti e a progettare un sistema che sia facile da usare e risponda alle loro necessità.
    • Strutture dati: definisce come i dati vengono organizzati e strutturati all’interno del sistema, ad esempio utilizzando database relazionali, database NoSQL o altre strutture dati. Questo è importante per garantire l’efficienza e la scalabilità del sistema.
    • Interfacce utente: progetta le schermate e i moduli che gli utenti utilizzeranno per interagire con il sistema logistico. Questo include la scelta degli elementi grafici, la disposizione dei campi di input e la definizione dei flussi di lavoro.

    L’esperto di organizzazione delle risorse umane utilizza una struttura logica analoga per rappresentare le sue valutazioni, sebbene adattata al suo specifico dominio di competenza.

    • Processi HR: descriverà i processi chiave relativi alle risorse umane coinvolte nella logistica, come il reclutamento e la selezione del personale, la formazione e lo sviluppo, la valutazione delle prestazioni, la gestione delle assenze e delle presenze, ecc. Questo include l’identificazione delle fasi di ciascun processo, i ruoli coinvolti e le eventuali criticità.
    • Competenze e profili professionali: definisce le competenze e i profili professionali necessari per svolgere le diverse attività logistiche. Questo include sia le competenze tecniche specifiche (ad esempio, utilizzo di carrelli elevatori, conoscenza delle normative di sicurezza) che le competenze trasversali (ad esempio, capacità di lavorare in team, problem solving, comunicazione).
    • Struttura organizzativa: analizza la struttura organizzativa dell’azienda, in particolare per quanto riguarda la logistica. Questo include l’identificazione dei diversi team e reparti coinvolti, le loro responsabilità e le relazioni gerarchiche. L’obiettivo è valutare se la struttura organizzativa attuale favorisce o ostacola l’efficienza logistica.
    • Clima e cultura aziendale: valuta il clima e la cultura aziendale, in particolare per quanto riguarda l’impatto sulla motivazione, l’engagement e la produttività dei dipendenti coinvolti nella logistica. Questo include l’analisi della comunicazione interna, del livello di fiducia e collaborazione tra i team, e della percezione dei dipendenti riguardo al loro lavoro e all’azienda.
    • Indicatori di performance: identifica gli indicatori chiave di performance (KPI) per misurare l’efficacia e l’efficienza dei processi logistici e delle risorse umane coinvolte. Questo include metriche come il tasso di turnover del personale, il numero di incidenti sul lavoro, il tempo medio di consegna, il livello di soddisfazione dei clienti, ecc.
    • Piani di sviluppo: propone piani di sviluppo per migliorare le prestazioni logistiche e la gestione delle risorse umane. Questo può includere programmi di formazione, iniziative per migliorare il clima aziendale, modifiche alla struttura organizzativa o l’adozione di nuove tecnologie.

    Criteri di valutazione dei due consulenti considerati congiuntamente

    Mi spiego presentando alcuni esempi di valutazioni e misure nell’area di confine tra l’esperto informatico e l’esperto di organizzazione delle risorse umane, con particolare attenzione all’intreccio dei metodi di misura e alla possibilità di una misura unica interpretata in modo diverso da entrambi:

    Area di confine: Gestione delle informazioni

    • Caso d’uso: Accesso ai dati dei dipendenti
      • Esperto IT:
        • Titolo: “Accesso ai dati dei dipendenti”
        • User story: “Come responsabile HR, voglio poter accedere ai dati dei dipendenti in modo sicuro e veloce per prendere decisioni informate.”
        • Scenario principale: L’utente HR accede al sistema, inserisce le credenziali, seleziona il dipendente e visualizza i dati rilevanti (anagrafica, competenze, formazione, ecc.).
        • Scenari secondari: Accesso negato per utenti non autorizzati, ricerca di dipendenti per nome o ID, esportazione dei dati in diversi formati.
        • Maturità: Alta (sistema già implementato e utilizzato)
        • Adeguatezza: Media (potrebbe essere migliorata l’interfaccia utente)
        • Affidabilità: Alta (pochi errori o malfunzionamenti segnalati)
        • Rischi: Violazione della privacy dei dati, accesso non autorizzato.
        • Opportunità: Migliorare l’interfaccia utente, integrare con altri sistemi HR.
      • Esperto HR:
        • Misura unica: “Tempo medio di accesso ai dati dei dipendenti”
        • Interpretazione IT: Efficienza del sistema informatico (tempo di risposta, velocità di caricamento, ecc.)
        • Interpretazione HR: Impatto sulla produttività degli utenti HR (tempo risparmiato nella ricerca di informazioni, possibilità di prendere decisioni più rapide, ecc.)
    • Altro esempio: Accuratezza dei dati dei dipendenti
      • Misura unica: “Percentuale di errori nei dati dei dipendenti”
      • Interpretazione IT: Affidabilità del sistema di raccolta e gestione dei dati (errori di input, problemi di sincronizzazione, ecc.)
      • Interpretazione HR: Impatto sulla qualità delle decisioni HR (errori nelle buste paga, problemi nella pianificazione delle ferie, ecc.)

    Area di confine: Formazione e competenze

    • Misura unica: “Tasso di completamento dei corsi di formazione online sulla sicurezza sul lavoro”
    • Interpretazione IT: Efficacia della piattaforma di e-learning (facilità d’uso, accessibilità, tracciamento dei progressi)
    • Interpretazione HR: Livello di coinvolgimento e apprendimento dei dipendenti (motivazione, acquisizione di competenze, impatto sulla sicurezza effettiva)

    Area di confine: Comunicazione e collaborazione

    • Misura unica: “Numero di richieste di supporto IT risolte entro 24 ore”
    • Interpretazione IT: Efficienza del servizio di supporto IT (tempestività, qualità delle risposte, risoluzione dei problemi)
    • Interpretazione HR: Impatto sulla produttività e sul clima aziendale (riduzione dei tempi di inattività, soddisfazione dei dipendenti, collaborazione tra team)

    L’utilizzo di misure comuni, interpretate in modo diverso dai due consulenti, permette di evidenziare le interconnessioni tra le diverse aree di competenza e di favorire un dialogo costruttivo per la definizione di soluzioni integrate che tengano conto sia degli aspetti tecnologici che di quelli umani.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Strumenti di integrazione

    Come detto, un presupposto fondamentale per un’efficiente integrazione è la stabilità del rapporto di collaborazione tra consulenti:

    • facilita la condivisione di informazioni, idee e preoccupazioni in modo aperto e trasparente;
    • permette ai consulenti di conoscere le competenze, i punti di forza e le aree di miglioramento di ciascuno, favorendo una collaborazione più efficace;
    • crea un ambiente di lavoro positivo e collaborativo, in cui i consulenti si sentono a proprio agio nel condividere le proprie opinioni e nel mettere in discussione le idee degli altri;
    • aiuta a gestire eventuali conflitti o divergenze di opinione in modo costruttivo, trovando soluzioni che soddisfino le esigenze di tutti i coinvolti.

    Un altro fattore importante è la familiarità col sistema su cui va operato il cambiamento, che permette di:

    • identificare le specificità del sistema, le sue dinamiche interne, le sfide e le opportunità;
    • analizzare le informazioni raccolte in modo accurato e contestualizzato, evitando fraintendimenti e interpretazioni errate;
    • sviluppare soluzioni che siano realizzabili e sostenibili nel contesto specifico del sistema, tenendo conto delle sue peculiarità e dei suoi vincoli;
    • anticipare le conseguenze delle soluzioni proposte, sia positive che negative, e adattare le strategie di conseguenza.

    Considerato però che un progetto di cambiamento può coinvolgere anche il cliente, può durare a lungo e richiedere una lenta e paziente raccolta di tasselli di un puzzle che cambia nel tempo, certamente è fondamentale avvalersi di uno strumento informatico, un servizio software fruibile in cloud, tipicamente con interfaccia Web e con gestione di ruoli ed autorizzazioni.

    Il software immaginato potrebbe facilitare il processo di valutazione congiunta, il punto più delicato della consulenza integrata:

    • consentendo ai consulenti di inserire le loro valutazioni in sezioni specifiche;
    • evidenziando le misure comuni e le diverse interpretazioni;
    • facilitando la comunicazione e la collaborazione tra i consulenti attraverso strumenti di discussione e condivisione.

    In questo modo, il software diventerebbe uno strumento chiave per supportare la consulenza integrata e favorire la co-creazione di soluzioni efficaci e sostenibili.

    Anche la gestione del progetto di cambiamento dovrebbe far parte del sistema.

    Discutiamone secondo una griglia concettuale che si rifà alla visione olonica: funzione, funzionamento, funzionalità e collocazione (nei vari livelli).

    Funzione

    Mappare le configurazioni e ri-configurazioni del sistema:

    • Permettere ai consulenti di rappresentare lo stato attuale del sistema, catturando le sue componenti, le relazioni tra esse e i processi in atto. Questo potrebbe avvenire attraverso diagrammi, mappe concettuali, o altre rappresentazioni visuali che facilitino la comprensione della complessità del sistema.
    • Supportare la simulazione e la progettazione di cambiamenti al sistema, consentendo ai consulenti di esplorare diverse opzioni e valutarne l’impatto potenziale. Questo potrebbe includere la modifica di processi, la riorganizzazione di strutture, l’introduzione di nuove tecnologie o l’implementazione di nuove strategie.

    Gestire il progetto di cambiamento:

    • Aiutare i consulenti a definire gli obiettivi del progetto, le fasi di implementazione, le risorse necessarie e i tempi previsti.
    • Monitorare l’avanzamento del progetto, raccogliere dati sull’efficacia delle soluzioni implementate e identificare eventuali scostamenti dal piano originale.
    • Facilitare la comunicazione e la collaborazione tra i consulenti e il cliente, fornendo un ambiente condiviso per lo scambio di informazioni, documenti e feedback.
    • Supportare la valutazione dei risultati del progetto, misurando l’impatto delle soluzioni implementate sugli obiettivi prefissati e identificando eventuali aree di miglioramento.

    Evidenziare le correlazioni tra valutazioni e misure utilizzate da consulenti differenti:

    • consentire l’inserimento e l’integrazione dei dati provenienti da diverse fonti e discipline, superando le barriere ontologiche e semantiche.
    • Utilizzare tecniche di visualizzazione dei dati per evidenziare le relazioni, le sovrapposizioni e le eventuali contraddizioni tra le valutazioni e le misure utilizzate dai diversi consulenti.
    • Fornire strumenti per facilitare il dialogo e la negoziazione tra i consulenti, aiutandoli a chiarire le loro prospettive, a risolvere eventuali conflitti e a convergere verso soluzioni condivise.

    Funzionamento e Funzionalità

    Gestione delle ontologie e delle semantiche

    Il software dovrebbe utilizzare un modello di dati flessibile, in grado di accogliere ontologie e semantiche diverse provenienti da varie discipline.

    Dovrebbe fornire strumenti per mappare le ontologie dei diversi consulenti, identificando i punti di contatto, le sovrapposizioni e le eventuali incongruenze semantiche. Questo processo di mappatura potrebbe essere supportato da algoritmi di analisi del linguaggio naturale per l’estrazione di concetti.

    Il software dovrebbe incoraggiare la creazione di un glossario condiviso, in cui i consulenti possono definire e concordare il significato dei termini chiave utilizzati nel progetto, riducendo così le ambiguità e facilitando la comunicazione.

    Sistema di autorizzazione e controllo degli accessi

    • Creazione di profili utente personalizzati per ciascun consulente, definendo i loro ruoli, le loro responsabilità e i loro livelli di accesso ai dati e alle funzionalità del sistema.
    • Controllo granulare degli accessi, consentendo di definire in modo preciso quali dati e quali operazioni ciascun utente può visualizzare, modificare o condividere. Questo è fondamentale per garantire la sicurezza e la riservatezza delle informazioni, soprattutto quando si tratta di dati sensibili.
    • Tenere traccia di tutte le azioni eseguite dagli utenti, registrando chi ha fatto cosa, quando e su quali dati. Questo aumenta la trasparenza e la responsabilità, e facilita l’identificazione di eventuali problemi o anomalie.

    Collaborazione e comunicazione

    • Fornire un ambiente di lavoro condiviso in cui i consulenti possono collaborare in tempo reale, scambiando informazioni, documenti e feedback.
    • Integrare strumenti di comunicazione come chat, videoconferenze e forum di discussione per facilitare l’interazione tra i consulenti, anche a distanza.
    • Funzionalità per la gestione delle attività e dei flussi di lavoro, consentendo ai consulenti di assegnare compiti, impostare scadenze e monitorare l’avanzamento del progetto.

    Visualizzazione e analisi dei dati

    • Visualizzare i dati rilevanti per il loro lavoro, monitorare l’andamento del progetto e identificare eventuali criticità.
    • Analisi dei dati per esplorare le relazioni tra le diverse valutazioni e misure, identificare trend e pattern, e generare report e presentazioni.
    • Tecniche di visualizzazione avanzate per rappresentare le correlazioni tra le valutazioni dei diversi consulenti, evidenziando punti di convergenza, divergenze e aree di incertezza.

    Intelligenza artificiale e apprendimento automatico

    • Utilizzare algoritmi di intelligenza artificiale per analizzare i dati raccolti, identificare potenziali rischi e opportunità, e suggerire soluzioni o strategie alternative.
    • Apprendere dalle interazioni dei consulenti e dai risultati dei progetti, migliorando nel tempo la sua capacità di supportare la consulenza integrata.

    Collocazione

    Il software si colloca su cloud in modo da poter essere utilizzato sempre ed ovunque. A livello organizzativo, ciò consente di porlo nella rete dei rapporti tra consulenti e, volendo, anche tra consulenti e cliente. Di fatto, consente la costituzione di un asset virtuale che mantiene valore nella misura in cui è aggiornato e che aumenta di valore se viene utilizzato diffusamente e se viene arricchito dall’apporto dei vari esperti coinvolti.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Immagine di copertina generata con Midjourney, il prompt è mio.

  • Consulenza e Progetti di Cambiamento per Sistemi Complessi

    Consulenza e Progetti di Cambiamento per Sistemi Complessi

    [Tempo di lettura: 2 minuti]

    Il Consulente è una figura professionale che, in generale, fornisce consigli e suggerimenti su come affrontare problemi o situazioni complesse. La consulenza può riguardare diversi ambiti: legale, fiscale, finanziario, aziendale, informatico, psicologico, medico\ldots{}

    C’è una stretta relazione tra Consulenza e Cambiamento. Il consulente, infatti, è spesso chiamato a supportare il cliente in un momento di cambiamento, che sia esso organizzativo, tecnologico, personale, sociale\ldots{} Il cambiamento è un fenomeno complesso, che coinvolge molteplici aspetti e variabili.

    Il Cambiamento è un lavoro, è consumo di energia per portare il sistema da una configurazione ad un’altra. Il Cambiamento è un processo, è un flusso di eventi che si susseguono nel tempo. Il Cambiamento è un’opportunità ed una minaccia: è la possibilità di migliorare, di crescere, di evolvere ed è la possibilità di peggiorare, di involvere, di degenerare.

    Un sistema, ad un certo momento della sua evoluzione, ha una configurazione. Un progetto di cambiamento serve per portare velocemente lo stesso sistema ad una nuova configurazione, consumando energia per il lavoro di trasformazione.

    Video di zbswdzh hao da Pixabay

    Si comincia mappando la configurazione attuale e prefigurando la configurazione finale desiderata. Talvolta, si definiscono configurazioni intermedie.

    Non tutte le componenti della configurazione varieranno con la stessa probabilità: alcune sono più controllabili, altre possono essere solo influenzate o addirittura autonome e non influenzabili (es. le condizioni climatiche in cui opera un’azienda agricola). Accade anche che la configurazione finale venga cambiata in corso d’opera perché il processo di cambiamento retroagisce su chi l’ha voluto e stabilito.

    Ci possono essere delle connessioni tra le componenti delle configurazioni sicché esse possono co-variare ed i flussi del loro cambiamento possono influenzarsi reciprocamente. Le componenti più controllate e quelle autonome ci aiutano a semplificare il modello predittivo: per le prime, abbiamo maggiore comprensione di come co-variano, per le seconde abbiamo interazioni solo in un verso: azioni da componenti autonome alle altre da esse influenzate.

    A mano a mano che il sistema si evolve ed il progetto di cambiamento procede, i fenomeni previsti accadono o non accadono, aumentando la conoscenza del sistema e consentendoci di rendere più nitida la configurazione finale attesa. Possiamo revisionare la mappatura delle configurazione in vari momenti, ottenendo ciò che si chiama uno Stato di Avanzamento dei Lavori. Oltre alla configurazioni iniziale, precedente, attuale e prevista, esso comprende il flusso degli eventi e l’uso delle risorse. In questo modo abbiamo sia un concetto di quadratura, cioè di coerenza tra

    • variazione tra due configurazioni del sistema;
    • flusso di azioni eseguite sul sistema ed altri eventi accaduti indipendentemente dal progetto di cambiamento;

    sia la possibilità di analizzare le discrepanze tra configurazione attuale e configurazione obiettivo.

    Foto di THỌ VƯƠNG HỒNG da Pixabay

    Prossimamente entrerò nel dettaglio dell’informatizzazione della gestione dei progetti di cambiamento secondo lo schema concettuale qui succintamente presentato. Vedi:


    Immagine di copertina di Gerd Altmann da Pixabay

  • L’Architettura Ideale di una Web App: Riflessioni su Data Manager, UI, Layout e Coordinator

    L’Architettura Ideale di una Web App: Riflessioni su Data Manager, UI, Layout e Coordinator

    [Tempo di lettura: 7 minuti]

    Panoramica dell’Architettura Ideale

    Considerate le caratteristiche di: HTML, CSS, JavaScript, con particolare attenzione alla comunicazione asincrona in JavaScript via HTTP, ho lungamente riflettuto su come strutturare il codice di una web app affinché sia manutenibile ed efficiente.

    L’architettura che ho concepito si articola in:

    • una fonte dati esterna con cui comunicare via HTTP API, che chiameremo: remoteStore;
    • la memoria locale a disposizione del browser come previsto in HTTP 5, il localStore;
    • la memoria di lavoro, in RAM, che chiameremo: workingStore;
    • un oggetto dataManager che ha il compito di mantenere allineati i tre data store;
    • vari oggetti di classe UI (User Interface), che rappresentano elementi HTML a disposizione dell’utente per consultare i dati ed impartire comandi;
    • un oggetto layoutManager, avente il compito di posizionare gli oggetti UI nella pagina web;
    • un oggetto coordinator, che veicola le interazioni tra tutti gli altri oggetti in base alle specifiche dei vari casi d’uso previsti, basandosi su una coda di eventi.

    Nel seguito, illustro il funzionamento, le funzionalità e la collocazione di una struttura così architettata.

    Il Ruolo Centrale del Data Manager nella Sincronizzazione dei Dati

    Il dataManager contatta periodicamente il remoteStore per verificare se ci sono variazioni dei dati. In tal caso, applica le differenze al workingStore gestendo eventuali conflitti, cioè variazioni avvenute in parallelo sia nel remoteStore sia nel workingStore.

    Per la valutazione automatica su quali siano le differenze da applicare, si usa un meccanismo di assegnazione di doppia chiave per ciascun record: chiave assegnata dall’applicazione e chiave assegnata dal remoteStore.

    • Se un record ha solo una delle due chiavi allora sappiamo che va inserito nello store corrispondente a quello della chiave mancante.
    • Se un record ha entrambe le chiavi, allora significa che c’è una variazione del dato da applicare.

    Il dataManager ha un importante ruolo semantico: la struttura dei dati provenienti dal remoteStore è potenzialmente differente da quella del workingStore ed il dataManager ha il compito di tradurre i dati dall’una all’altra e viceversa.

    Anche l’allineamento tra workingStore e localStore è di competenza del dataManager ma è più semplice. Fatta eccezione per una chiave di autenticazione dell’installazione del browser depositata nel localStore, gli altri dati vengono generalmente sovrascritti, in modo che nel localStore ci sia una copia del working Store.

    Un ultimo importante aspetto è che il dataManager effettua allineamenti su richiesta del coordinator. Supponiamo per esempio che si debba presentare all’utente una lista che ha potenzialmente migliaia di voci, corrispondenti a schede articolate in numerosi campi. Il dataManager riceverà solo i dati utili per preparare la lista, senza tutti i dettagli dei vari elementi. Quando l’utente seleziona un elemento, il coordinator può chiedere al dataManager di recuperare tutti i dettagli corrispondenti.

    Componenti UI e i Loro Flussi di Input/Output

    Un componente della UI ha funzione tipica di I/O:

    • checkbox;
    • radio button;
    • testo statico;
    • selezione da un elenco…

    Ciascun componente viene creato nella pagina con un ben preciso ID che lo individua univocamente nella pagina HTML. Assegnandogli uno o più event listener, il componente UI potrà acquisire dati. Questi saranno poi trasmessi al coordinator, che li metterà in coda.

    I componenti UI vengono attivati, disattivati e collocati dal layoutManager, mentre il coordinator può inviare loro segnali di riconfigurazione. Per esempio, se un dato acquisito porta ad uno stato non valido, il coordinator invia al componente UI che l’ha acquisito una reazione, in modo che il componente segnali all’utente l’errore commesso.

    Si noti che le trasmissioni da componente UI a coordinator devono sempre essere qualificate utilizzando delle etichette, assegnate dal coordinator stesso in fase di creazione dell’istanza della classe del componente UI.

    Il Layout Manager: Disporre i Componenti dell’Interfaccia Utente

    Basandosi su un costrutto JSON, il layoutManager prevede una serie di componenti della UI, istanziati dal coordinator. Il costrutto JSON indica in che ordine disporre i vari componenti UI, pagina per pagina.

    Nulla toglie che il funzionamento del layoutManager sia parametrizzato. Per esempio, si potrebbe tener conto delle preferenze dell’utente o del profilo di autorizzazione nel determinare l’ordine di alcuni componenti o se nasconderne alcuni.

    Il Coordinator: Gestire l’Interscambio di Messaggi con una Coda di Eventi

    Il primo evento è sempre l’allestimento della prima pagina. Il coordinator istanzia i componenti della UI, li passa al layoutManager che andrà a disporli, impostando posizione ed ingombro di ciascuno. A quel punto, dai vari componenti UI potranno provenire dei segnali. Per esempio, l’utente potrà effettuare una selezione da un menù. Siccome il layoutManager aveva indicato una ben precisa etichetta per il dato prodotto da tale menù, il layoutManager può identificare il caso d’uso ed attivare i passi del corrispondente scenario.

    Ricordiamo che c’è asincronia tra l’azione del dataManager e le azioni dei vari componenti UI. Dunque il coordinator non elaborerà lo stimolo proveniente dal menù se non dopo averlo inserito in una coda con altri eventuali stimoli in attesa di essere elaborati.

    In base ai passi del caso d’uso, il coordinator potrà effettuare vari tipi di azioni:

    • inviare ad uno o più componenti UI un segnale di riconfigurazione (es. l’utente ha selezionato la regione e di conseguenza il menù delle province può essere filtrato);
    • modificare il workingStore ed eventualmente segnalare al dataManager la necessità di sincronizzare i dati con il remoteStore;
    • segnalare al dataManager di memorizzare lo stato di calcolo nel localStore;
    • verificare la coerenza dei dati memorizzati nel workingStore ed eventualmente inviare feedback ai componenti UI interessati;
    • interrompere la sessione.

    Esempio: tempistiche di esecuzione di un compito

    Qual è la tempistica dell’esecuzione di un compito? È una questione che molte persone affrontano ripetutamente più volte al giorno, a partire da consulenti, specialisti, tecnici, addetti al supporto etc. La risposta non è univoca come potrebbe sembrare di primo acchito. Il lavoro può essere eseguito in una o più sessioni, da una o più persone. Di sicuro ha un inizio ed una fine, anche per attività ripetute o periodiche, per le quali si può sempre considerare l’impegno totale finora dedicato.

    Il fatto che più persone o risorse siano state impegnate si risolve in modo ovvio con una sommatoria. Resta la questione del tempo effettivamente dedicato allo svolgimento del compito o, più importante ancora, della durata convenzionale, usata per misurare l’impegno profuso e spesso indicato come: “tempo o durata da fatturare”.

    Consideriamo infine che, dovendo registrare tale misura, si terrà necessariamente conto del lasso di tempo in cui l’attività si è sviluppata, determinato registrando l’inizio e la fine o l’inizio e la durata o, qualche volta, la fine e la durata.

    In sintesi, abbiamo una rete con quattro ingressi:

    • istante di inizio attività;
    • istante di fine attività;
    • durata del lasso di tempo in cui si è sviluppata l’attività, o durata reale, che abbrevieremo con Δt;
    • durata di lavoro o sforzo, cioè tempo effettivamente dedicato all’attività;
    • durata convenzionale o dichiarata;

    e le medesime uscite ma all’interno della rete immaginiamo un miscelatore attivato ogni volta che varia uno degli ingressi. Ciò che conta, è che sia nota la durata dichiarata o, in mancanza, la durata reale o quella di sforzo.

    Se fotografiamo la situazione nell’istante in cui c’è una variazione, ci troviamo necessariamente di fronte ad una sola possibilità tra le varie combinazioni possibili determinate da quanti e quali sono i valori impostati. Per esempio:

    • è stato indicato solo un valore ed è quello di Δt oppure quello della durata convenzionale: in questi casi, non c’è nulla da fare perché la misura dell’impegno, in un modo o nell’altro, c’è;
    • è stato indicato solo l’istante di inizio o solo quello di fine attività: si resta in attesa che venga inserito uno degli altri tre valori e se ci si chiede quale sia la durata totale in questo momento si può solo rispondere che è indeterminata;
    • sono stati indicati due valori, di cui uno è la durata dichiarata o quella di sforzo: si può rispondere alla domanda sulla misura dell’impegno ma non si può sapere in quale intervallo l’attività si è sviluppata;
    • sono stati indicati due, ma non si tratta della durata convenzionale: dunque, si può ricavare il terzo valore mancante tra: inizio, fine e Δt, per esempio si può calcolare la fine avendo inizio e Δt.

    Si potrebbe aumentare la complessità ammettendo che vengano forniti valori anche quando è possibile derivarli da altri già forniti. In tal caso, potrebbe succedere che i valori forniti risultino incoerenti. Tuttavia, questa casistica si può escludere facilmente immaginando che la procedura proposta venga eseguita, come inizialmente indicato, ad ogni variazione di ciascuno degli operandi e che blocchi l’inserimento di valori derivabili in modo univoco tramite calcolo.

    Orbene, come interagiranno tra loro li coordinator ed i componenti UI nella web app per gestire una casistica del genere?

    Immaginiamo che la nostra app comprenda cinque campi di input.

    Ecco qualche passaggio, a partire da quando la UI è stata preparata e l’utente si accinge ad inserire dati. Ci sono 5 listener, uno per ciascuno dei campi di input.

    L’utente inserisce l’inizio attività. Il sistema si trova solo con quel dato mentre gli altri sono indeterminati e, in base alle regole, non fa nulla.

    L’utente inserisce la durata totale. Il sistema calcola l’istante di fine attività sommando l’inizio con la durata. L’utente inserisce anche la durata di sforzo e, successivamente, quella dichiarata.

    Approfondiamo cosa succede quando il sistema calcola la fine attività. Il componente UI della fine attività, ad inserimento completato, invia al coordinatore il valore inserito, con opportuna etichetta che identifica univocamente questo caso d’uso. Il coordinatore riceve il dato, verifica la presenza di fine o durata reale nel workingStore. coordinator trova la durata e segue le regole di calcolo che prevedono, in casi come questo, di derivare la durata reale.

    Conclusioni: Verso una Web App più Strutturata ed Efficiente

    Il ruolo delle etichette non deve passare inosservato. È cruciale dal punto di vista semantico, sia in fase di traduzione tra remoteStore e workingStore sia, come indicato al primo paragrafo della sezione precedente, in fase di interazione con l’utente.

    Questo approccio ontologico conferisce al codice di programmazione maggiore intelleggibilità e coerenza rispetto ai casi d’uso, gestiti in modo centralizzato dentro il coordinator.

    L’assenza di interazioni dirette tra componenti UI consente di manutenzionare o sostituire singoli componenti UI senza doversi occupare di errori di regressione. È infatti proprio l’intreccio tra componenti di una pagina la maggior fonte di questo tipo di problemi.

    La fatica di predisporre un dataManager è ampiamente ripagata dalla possibilità di intervenire in modo chirurgico qualora la fonte dati esterna venga aggiornata. Al contempo, si garantisce comfort e stabilità per i programmatori che devono realizzare i componenti UI.

    Il fatto di disporre di un layoutManager si presta alla personalizzazione del layout utente per utente. Basta infatti ordinare e filtrare i componenti in base all’utente.

    Infine, l’uso di una coda per la gestione degli eventi assicura coerenza logica dei dati del workingStore.

    Qualora la connessione sia perduta momentaneamente o la sessione venga sospesa dall’utente che ha chiuso il browser, la persistenza nel localStore consente di riprendere il lavoro nel punto in cui l’utente l’aveva lasciato.


    Ti sarei grato se volessi contattarmi per farmi sapere cosa pensi di quest’idea. Se non sei un programmatore, intanto ti faccio subito i miei migliori complimenti per aver tenuto duro fino a qui e se hai qualche dubbio ti prego di non esitare e di contattarmi. I dubbi sono preziosi anche in ottica di miglioramento di questo post.

    Grazie per l’attenzione.

    Video di MD BORHAN UDDIN da Pixabay
  • Intelligenza Artificiale per MPMI del Veneto

    Intelligenza Artificiale per MPMI del Veneto

    [Tempo di lettura: 4 minuti]

    Le micro, piccole e medie aziende del Veneto possono trarre beneficio dall’Intelligenza Artificiale? Come?

    Per dare qualche spunto utile ad orientarsi, è utile prima prendere in considerazione qualche numero, qualche dato statistico. Inoltre, è bene chiarire a quali tecnologie ci riferiamo. Fatti questi due passaggi, potremo calarci nell’argomento adeguatamente attrezzati.

    Qualche dato sul tessuto imprenditoriale del Veneto

    Il Veneto conta numerose micro/piccole/medie imprese. Cominciamo col dare il nome alle cose. La categoria delle microimprese è caratterizzata dal fatto che comprende dai 3 ai 9 addetti. Le piccole imprese, invece, ne contano dai 10 ai 49 e le medie dai 50 ai 249. Nel canale dai 250 addetti in su, l’ISTAT colloca invece le grandi imprese. Nel Rapporto Statistico 2020, il Veneto risultava essere la quarta regione in Italia per numero di imprese attive (104.096 nel 2019), dopo Lombardia, Campania e Lazio, con una media di 4,3 addetti per impresa. Le imprese attive fino a 250 addetti e con un giro d’affari inferiore a 50 milioni di euro, impiegano il 77,2% degli addetti e rappresentano il 99,8% delle imprese attive dell’industria e dei servizi. Nel 2018, si trattava per il 77,7% delle aziende Venete con almeno 3 addetti aziende erano controllate da persona fisica o famiglia.

    In conclusione, il Veneto è caratterizzato da un elevato numero di aziende microscopiche o piccole, prevalentemente a conduzione personale o familiare.

    Qualche precisazione sul concetto di Intelligenza Artificiale

    L’intelligenza artificiale è una sotto-disciplina dell’informatica, focalizzata sul trattamento intelligenze dei dati. La dicitura “intelligenza artificiale” viene però utilizzata solitamente per indicare il più recente sviluppo informatico di ampia diffusione nel mercato. Attualmente, si tratta dell’elaborazione del linguaggio naturale e della generazione automatica di testi, immagini e suoni. Combinando queste tecniche con ampie banche dati o raccolte di testi ed aggiungendo algoritmica q.b. si può ottenere l’estrazione e la generazione di nuova conoscenza.

    Per esempio, se connettiamo un costrutto di analisi del linguaggio naturale con il servizio di fatturazione elettronica, potremmo ottenere una proposta di contabilizzazione delle fatture passive. Ciò significa, che il costrutto proporrebbe, per ciascuna riga della fattura, un conto da associare e, conseguentemente, i movimenti contabili. Al contabile resta un’attività di controllo, correzione e gestione dei casi particolari.

    Vorrei sottolineare che non penso che il costrutto possa effettuare direttamente la contabilizzazione senza la supervisione di un essere umano. A differenza degli algoritmi, i costrutti basati su criteri statistici forniscono sempre risultati incerti. Abbattere il rischio di un’errata contabilizzazione val bene il poco lavoro umano necessario per il controllo.

    Esempi simili si possono facilmente immaginare nella logistica degli acquisti, delle spedizioni e delle vendite. Disporre di modelli predittivi e di ottimizzatori consente di focalizzare il lavoro umano sul controllo e sugli aspetti tattici e strategici, riducendo l’operatività con poco valore aggiunto.

    Cosa succede se una MPMI adotta strumenti di IA?

    Nell’arco della mia vita, l’informatica nelle MPMI è passata dal non essere contemplata ad essere irrinunciabile vari processi aziendali, come minimo quello amministrativo. Negli altri, comunque, rende l’impresa competitiva quand’è applicabile. Questo vale in particolare per l’intelligenza artificiale. Dunque si tratta di esercitare la propria creatività.

    Ecco alcune aree in cui le PMI potrebbero sfruttare queste tecnologie.

    1. Analisi del Linguaggio Naturale (NLP):
      • Customer Support: realizzare chatbot o sistemi di assistenza automatica basati su NLP può migliorare l’efficienza nel fornire supporto ai clienti, rispondendo a domande comuni o risolvendo problemi di routine. Se anche l’Intelligenza artificiale viene usata solo a supporto degli addetti all’assistenza, sappiamo che l’operatore soddisfatto trasmette il proprio sentire al cliente, creando una relazione virtuosa.
      • Analisi dei Feedback: utilizzare l’NLP per analizzare recensioni dei clienti, feedback sui social media o e-mail può fornire informazioni preziose sulla percezione del marchio e identificare aree di miglioramento.
    2. Generazione Automatica di Contenuti:
      • Marketing: creare automaticamente contenuti per i social media, blog o newsletter può semplificare il processo di marketing, garantendo una presenza online costante.
      • Report aziendali: automatizzare la generazione di report interni può risparmiare tempo e ridurre la possibilità di errori umani.
    3. Accesso a Banche Dati e Fonti Dati:
      • Ricerca di Mercato: utilizzare l’IA per analizzare grandi quantità di dati provenienti da fonti diverse può fornire informazioni dettagliate sul mercato, i concorrenti e le tendenze di settore.
      • Gestione dell’ERP: ottimizzare processi come la gestione delle scorte, la previsione della domanda e la pianificazione della produzione.
    4. Informazioni Commerciali:
      • Analisi dei Dati Aziendali: aiutare ad identificare opportunità di crescita, prevedere la domanda dei clienti e ottimizzare le operazioni.
      • Personalizzazione dei Prodotti e Servizi: basandosi sui dati dei clienti, l’IA può aiutare le MPMI a personalizzare prodotti o servizi in modo più efficace, migliorando l’esperienza complessiva del cliente.

    L’adozione di queste tecnologie richiede una valutazione attenta delle esigenze specifiche dell’azienda, delle risorse disponibili e delle sfide potenziali. C’è poi la questione che a noi veneti piace poco affrontare: il personale va formato e riqualificato. Tuttavia, se implementate correttamente, le tecnologie legate all’IA possono contribuire significativamente all’efficienza operativa, all’innovazione e alla competitività delle PMI venete. Non è un treno che ci si possa permettere di perdere.

    Le tempistiche sono cruciali. Sappiamo infatti che le tecniche di intelligenza artificiale qui citate sono già ampiamente consolidate da decenni in ambito accademico ma solo di recente sono state immesse sul mercato. Dunque, c’è la possibilità di acquisire gradualmente questi preziosi strumenti, approfittando di sistemare anche altre magagne che inevitabilmente emergeranno lungo il cammino di trasformazione digitale.

    Si parte da un’idea o caso d’uso con reale necessità, la cui prima fase già ripaga l’investimento. Il risultato si reinveste nella fase successiva, di fatto auto finanziando il progetto. Basta iniziare con piccole cose, ottenere risultati e procedere.

    È cruciale è credere nell’obiettivo, controllare gli sviluppi passo passo, coinvolgendo tutti gli attori: clienti, personale interno e finanziatori.

  • Trattamento partecipativo di informazioni e conoscenze nelle comunità

    Trattamento partecipativo di informazioni e conoscenze nelle comunità

    [Tempo di lettura: 2 minuti]

    Una comunità è un super-organismo complesso. Nel suo interno circolano molti tipi di informazioni, si scambiano numerose comunicazioni, si creano e si condividono molte conoscenze.

    In una comunità complessa, può essere difficile e insostenibile organizzare tutte le informazioni e le conoscenze secondo un unico criterio. Le comunità sono costituite da individui con diverse esperienze, punti di vista, competenze e background culturali. Questa diversità porta a una varietà di prospettive e approcci alla conoscenza.

    Organizzare le informazioni in modo centralizzato e secondo un unico criterio potrebbe non tener conto di questa diversità e ridurre la complessità delle conoscenze presenti nella comunità. Invece, può essere più utile adottare approcci flessibili e adattabili per l’organizzazione delle informazioni, consentendo la coesistenza di molteplici criteri e punti di vista.

    Un modo per affrontare questa sfida potrebbe essere quello di utilizzare strumenti e piattaforme digitali che consentano una categorizzazione e un’organizzazione flessibile delle informazioni. Ad esempio, l’utilizzo di tag o etichette può consentire alle persone di assegnare diverse prospettive o categorie alle informazioni, consentendo una navigazione più personalizzata e contestuale.

    Inoltre, può essere utile promuovere la condivisione e l’interazione tra i membri della comunità, in modo che le conoscenze possano emergere in modo collaborativo e cooperativo. Questo può favorire l’apprendimento reciproco e stimolare l’evoluzione e l’arricchimento delle conoscenze nella comunità stessa.

    L’organizzazione delle informazioni e delle conoscenze in una comunità complessa richiede un approccio aperto, flessibile e partecipativo, che tenga conto della diversità e della complessità delle prospettive presenti.

    Ci sono diversi strumenti digitali disponibili che possono aiutare nell’organizzazione delle informazioni in una comunità.

    1. Piattaforme di gestione della conoscenza: queste piattaforme consentono di organizzare e condividere informazioni in modo strutturato. Ad esempio, wiki aziendali o software di knowledge management offrono strumenti per creare, modificare e organizzare contenuti in modo collaborativo. La capacità di indicizzare contenuti multimediali e quella di trovare legami tra documenti potenzia la ricerca di contenuti e la collaborazione tra persone.
    2. Strumenti di gestione dei progetti: software di questo tipo possono aiutare a organizzare le informazioni in modo visuale, consentendo di creare elenchi di attività, assegnare responsabilità e tenere traccia dei progressi.
    3. Strumenti di condivisione e archiviazione dei file: le piattaforme di condivisione dei file consentono di archiviare e condividere documenti, presentazioni o altri tipi di file in modo accessibile a tutti i membri della comunità.
    4. Strumenti di messaggistica e collaborazione: applicazioni di messaggistica di gruppo consentono di comunicare e collaborare in tempo reale, facilitando la condivisione di informazioni e la discussione tra i membri della comunità.
    5. Piattaforme di social media: piattaforme che offrono spazi dedicati alla condivisione e alla discussione di informazioni specifiche, consentendo di creare comunità online e organizzare contenuti in modo tematico.
    6. Strumenti di tag e categorizzazione: alcuni strumenti consentono di assegnare tag o etichette alle informazioni per organizzarle in base a categorie o temi specifici.

    Questi sono solo alcuni esempi di strumenti digitali disponibili per l’organizzazione delle informazioni in una comunità. La scelta del giusto strumento dipenderà dalle esigenze specifiche della comunità e dal tipo di informazioni che devono essere organizzate e condivise.

  • Informatica buona per la famiglia

    Informatica buona per la famiglia

    [Tempo di lettura: 5 minuti]

    La famiglia è un universo contenuto in un altro (la comunità, la società) e contenente degli universi: i suoi membri. La famiglia è un super-organismo in continua evoluzione, sempre sull’orlo dell’equilibrio, che fornisce supporto emotivo, sociale ed economico ai suoi membri. È un sistema complesso che scambia materia, energia ed informazioni con il proprio ambiente. Internet e cellulari ne sono ormai parte integrante, ma portano anche rischi per la sostenibilità umana e sociale.

    Le ultime novità offerte dall’informatica e dal web, come l’apprendimento automatico, l’elaborazione del linguaggio naturale e il data journalism, possono essere d’aiuto per la vita quotidiana di una famiglia in diversi modi. In particolare, possono fornire informazioni utili e consigli personalizzati sulla base dei dati disponibili.

    La famiglia tecnologica

    1. Assistente virtuale: l’apprendimento automatico e l’elaborazione del linguaggio naturale sono alla base dei moderni assistenti virtuali, come Siri di Apple, Google Assistant e Amazon Alexa. Questi assistenti possono aiutare una famiglia a gestire la sua vita quotidiana, fornendo informazioni sui metodi di cottura, suggerimenti per la casa, promemoria per appuntamenti e scadenze, e molto altro ancora.
    2. Monitoraggio della salute: l’elaborazione del linguaggio naturale può essere utilizzata per analizzare le informazioni sanitarie e fornire consigli sulla prevenzione di alcune malattie. Ad esempio, un’applicazione di monitoraggio della salute potrebbe utilizzare l’elaborazione del linguaggio naturale per analizzare i record medici della famiglia e fornire consigli su come ridurre il rischio di malattie come il diabete o le malattie cardiache.
    3. Analisi dei dati: il data journalism può essere utilizzato per analizzare i dati e fornire informazioni sulle tendenze sociali e di mercato. Ad esempio, un’analisi dei dati potrebbe rivelare che una determinata area ha un alto tasso di criminalità, o che una certa categoria di prodotti è in forte crescita. Queste informazioni possono aiutare una famiglia a prendere decisioni informate sulla propria sicurezza e sui propri acquisti.

    Ci sono molti strumenti informatici e servizi online che possono aiutare la famiglia nella vita quotidiana.

    App di gestione delle attività

    App come Trello, Asana e Todoist possono aiutare la famiglia a gestire le attività quotidiane, come la preparazione dei pasti, la pulizia della casa e la gestione delle scadenze.

    Servizi di consegna a domicilio

    Servizi come Instacart, Amazon Fresh e FreshDirect possono aiutare la famiglia a risparmiare tempo facendo la spesa online e facendo consegnare la spesa direttamente a casa.

    Piattaforme di streaming video

    Servizi come Netflix, Hulu e Amazon Prime Video consentono alla famiglia di guardare film e programmi TV in streaming, senza dover pagare per la TV via cavo o per il noleggio di DVD.

    La TV come la intendavamo, con il suo palinsesto e le sue interruzioni pubblicitarie, ha perso da tempo il suo ruolo educativo e fatica a mantenere un residuo ruolo informativo.

    È diventata soprattutto uno sfondo a momenti di assopimento dopo una lunga giornata di lavoro, o una distrazione per chi non ha la possibilità di sviluppare relazioni sociali reali (anziani soli, carcerati etc).

    I siti di streaming, al contrario, offrono all’utente, compresi coloro che hanno ruoli educativi, la possibilità di scegliere cosa e quando e quanto guardare.

    La nuova insidia è l’ottimizzazione psicologica dei video pubblicati, volta ad indurre l’utente a restare il più possibile davanti allo schermo, utilizzando persino le sofisticate tecniche del neuromarketing.

    App di comunicazione e social network

    App come WhatsApp, Skype e Zoom consentono alla famiglia di comunicare in tempo reale, indipendentemente dalla posizione geografica, e di partecipare a videoconferenze e videochiamate.

    Veicolano la condivisione di foto, ricordi, opinioni etc tra parenti, amici, genitori degli studenti di una classe… In caso di trasferte, lontananza, temporaneo isolamento etc, questi strumenti possono aiutare persino a mantenere i legami affettivi, annullando tempo e spazio. Per contro, rischiano di impedire le dinamiche dell’attesa, tipiche dei rapporti più importanti ed intimi.

    App di monitoraggio della salute

    App come MyFitnessPal, Headspace e Calm possono aiutare la famiglia a monitorare la propria salute e il proprio benessere, fornendo informazioni e suggerimenti personalizzati.

    Calendario condiviso

    I principali fornitori di servizi di collaborazione come Google Workspace, Microsoft 360 etc comprendono la possibilità di condividere un calendario, con i principali eventi di famiglia. In caso di impresa familiare, questo tipo di applicazioni può avere spiacevoli effetti collaterali. Da un lato, un calendario condiviso può aiutare a prevenire conflitti e a rispettare i limiti personali e lavorativi di ciascun membro della famiglia che lavora nell’impresa. Ad esempio, se tutti i membri della famiglia utilizzano il calendario per segnalare le proprie assenze o impegni personali, sarà più facile organizzare il lavoro e prevenire sovrapposizioni. Inoltre, un calendario condiviso può favorire la trasparenza e la comunicazione all’interno dell’impresa familiare, facilitando il coordinamento tra i vari membri e riducendo il rischio di fraintendimenti. D’altro canto, l’uso di un calendario condiviso potrebbe anche favorire l’insorgere di conflitti, ad esempio se non tutti i membri della famiglia sono disposti a rispettare gli impegni e le necessità degli altri. Inoltre, potrebbe esserci il rischio che alcuni membri della famiglia si sentano controllati o limitati dal calendario condiviso, il che potrebbe generare ulteriori tensioni.

    App per la lista della spesa

    Queste app, come Bring!, facilitano la compilazione e la spunta della lista della spesa, consentendo a tutti i membri della famiglia di contribuire. Nel tempo, acquisiscono informazioni sulle abitudini e velocizzano il compito di preparazione della lista.

    Software per il controllo genitoriale

    Programmi che consentono di misurare e limitare l’uso di app e dispositivi da parte dei figli, nonché di geolocalizzarli. La dieta digitale è importante, così come, in caso di emergenza o di urgenza, conoscere la posizione dei familiari. Il controllo genitoriale può essere regolato in base all’autonomia di ciascun figlio, accompagnandone la crescita.

    Sistemi di tele-vigilanza

    Telecamere connesse via wi-fi che aiutano a tenere sotto controllo gli ambienti, specie se in casa c’è un anziano solo.

    Si possono anche installare citofoni connessi, che consentono di rispondere col proprio cellulare quando qualcuno suona il campanello. Si può per esempio rispondere al corriere Amazon e fornire istruzioni anche se non si è a casa.

    Occhio, però, alla cyber security: i sistemi di tele-vigilanza si prestano ad alcuni tipi di attacco hacker. È importante individuare fornitori di dispositivi ben supportati dal punto di vista software.

    Un altro rischio da tenere sotto controllo è la tentazione di affidarsi alla tele-vigilanza per sbrigare qualche commissione lasciando solo un minore troppo piccolo per fronteggiare eventuali emergenze. Ricordare sempre la legge di Murphy…

    Siti istituzionali delle scuole e registro elettronico

    Aiutano i genitori a partecipare più consapevolmente al percorso didattico dei figli e a gestire gli appuntamenti con gli insegnanti.

    Ad oggi manca un adeguato sistema a supporto della collaborazioni tra genitori e tra genitori e scuola ma ci sono progetti in vista. La tecnologia c’è tutta, occorre superare la naturale tendenza dei servizi software on line di creare barriere tecnologiche escludendo l’inter-operabilità.

    App di gestione delle finanze

    Ci sono molte app disponibili per la gestione delle finanze, come Mint, YNAB e Personal Capital. Queste app possono aiutare la famiglia a tenere traccia delle spese, a pianificare il budget e a risparmiare denaro.

    Gestione utenze on line

    Siti di internet banking, dei fornitori delle classiche utenze domestiche (rifiuti, energia elettrica, gas, telefonia etc): aiutano a gestire le risorse finanziarie ed i rapporti con i fornitori.

    App e siti web per turismo e viaggi

    Aiutano la famiglia ad organizzare, gestire e fronteggiare gli imprevisti nelle occasioni, così importanti, in cui sono a spasso per visitare parenti o apprezzare quanto di più bello le città e la natura offrano.

  • Informazione e conoscenza in divenire

    Informazione e conoscenza in divenire

    [Tempo di lettura: 4 minuti]

    Nei progetti di cambiamento delle organizzazioni, nelle aule dei tribunali, nella ricerca scientifica, nei luoghi della politica… la verità costruita insieme è alla base delle decisioni. I dati sono più utili quanto più vengono correlati con altri, integrando i vari punti di vista. In questo senso, non esistono in linea di principio dati esatti ma dati più o meno circostanziati, attendibili, compatibili con i vincoli stabiliti.

    Costruire verità componendo tasselli

    Quando trattiamo informazione e conoscenza in divenire, formuliamo delle ipotesi o degli scenari ipotetici ed immaginiamo il loro evolversi o lo simuliamo con sistemi simbolici o informatici.

    Se ci accorgiamo che gli scenari ipotizzabili sono troppi o conducono a conseguenze troppo diverse tra loro, sentiamo il bisogno di acquisire altre informazioni, altri tasselli del puzzle che si sta via via componendo.

    Talvolta, le competenze necessarie sono troppe e non c’è il tempo utile per acquisirle, e ci rivolgiamo a chi ne sa di più. Ogni volta che andiamo dal medico o che ci rivolgiamo ad un altro consulente per avere una sua valutazione, dobbiamo ovviamente prima condividere con questa figura ciò che sappiamo. Poi entra in gioco il consulente ed ecco che i punti di vista sono diventati due, i vincoli sul sistema da modellare sono aumentati, gli scenari ipotetici si sono sfrondati e riusciamo anche a prevederne più accuratamente la loro evoluzione.

    In aggiunta, o, se non c’è possibilità di coinvolgere un consulente, in sostituzione, è utile confrontarsi con un nostro pari, che potrebbe non saperne di più ma sicuramente ha un’esperienza ed una sensibilità propri. Le modalità di coinvolgimento sono simili, come pure i risultati ottenuti. La differenza è che più questa persona ci è vicina e più sono le informazioni di contesto già condivise. Sull’effettiva utilità del confronto con un pari nel recuperare informazione e conoscenza in divenire, le aspettative sono naturalmente minori. Non è però opportuno sottovalutarle: addirittura, spesso gli esperti apprezzano l’apporto degli “incompetenti” anche solo per le questioni che sollevano o perché mettono in evidenza aspetti che l’esperto considerava scontati.

    Quando si trattano informazione e conoscenza in divenire, l’unione fa la forza!

    Osservare sistemi che cambiano nel tempo

    Mentre siamo al lavoro sulla costruzione del nostro modello mentale o matematico o informatico, mentre in nostri ingranaggi cerebrali sferragliano e neuroni e bit lampeggiano, non è detto che il sistema da modellare resti immutato, in attesa che noi possiamo trarre le conclusioni o fare qualche altra osservazione. Ci sono addirittura situazioni in cui è l’atto stesso di rilevare e misurare ad interferire con l’evoluzione di ciò che si vorrebbe osservare. Si pensi alla somministrazione di un questionario ad una persona o alla determinazione di velocità e posizione di una particella subatomica.

    Come consulente informatico, per me, lavorare con informazione e conoscenza in divenire è la norma! Si fanno riunioni per definire come sarà una certa interfaccia utente, quali sono i dati da trattare, quali gli obiettivi, eccetera eccetera. Si comincia a sviluppare il software e si fa vedere qualche bozza al committente, la cui immaginazione viene stimolata verso una maggiore consapevolezza.

    Mentre il cantiere informatico è in pieno svolgimento, le specifiche possono cambiare, portando a rilavorazioni. Il fatto è che, per i non addetti ai lavori, immaginare un percorso di trattamento dati tramite strumenti informatici è difficile. Quando si vedono le prime schermate funzionare, le “celluline grige” ricevono stimoli creativi. È normale che si cambi idea.

    Questo schema è trasversale rispetto alle varie discipline, non è specifico dell’ambito informatico. Per fare un altro esempio, si consideri il piano alimentare prodotto da un nutrizionista o dietologo: gli effetti di variazioni dell’alimentazione su un sistema complesso, com’è quello del mio corpo, sono difficili da prevedere ed è più efficace assestare il piano alimentare a mano a mano che emergono discrepanze tra effetti previsti ed effetti rilevati.

    Conviene accogliere la prospettiva che ci saranno modifiche in corso d’opera ed organizzare apposite sessioni di approfondimento d’analisi ed affinamento del modello. Le attività da svolgere non possono che essere precisate cammin facendo. Di conseguenza, anche l’offerta economica dovrà essere precisata in itinere.

    La complessità va abbracciata.

    Verità inconoscibile, rischi ed opportunità

    Quando si sta elaborando informazione e conoscenza in divenire, può capitare che una parte della verità risulti definitivamente sfuggente. Ecco qualche esempio:

    • assoluzione per insufficienza di prove:
    • impossibilità di conoscere con precisione contemporaneamente velocità e posizione di una particella;
    • iniziare a sviluppare un sistema software senza sapere quali saranno le effettive necessità degli utenti, in futuro;
    • un’improvvisa inversione di una tendenza di mercato, proprio nel settore principale della nostra azienda.

    Ci tocca accettare il fatto di non essere onniscenti e di dover comunque prendere decisioni ed andare avanti. Ogniqualvolta lo facciamo, ci assumiamo rischi ed opportunità, cioè sappiamo che il sistema che ci siamo mentalmente rappresentati potrà evolversi in vario modo, più o meno favorevole.

    Compiere un’analisi dei rischi e delle opportunità consiste essenzialmente nell’identificare e misurare i nessi causali tra eventi inerenti il sistema osservato. Particolarmente utile è focalizzarsi sui percorsi circolari, cioè retroattivi, e cercare di capire se tendono all’equilibrio o all’esplosione. Queste sorgenti di complessità e disordine sono solitamente proprio

    Rappresentare informazione e conoscenza in divenire

    L’informatica ci consente di superare un tradizionale limite dei modelli matematici entrando nel mondo della simulazione. Per esempio, la chimica computazionale consente di progettare molecole al computer, accelerando a dismisura il processo di ricerca e sviluppo. Per fare un altro esempio, il web-to-rendering, analogo al “web-to-print“, consente di produrre immagini tridimensionali foto-realistiche a supporto di processi decisionali. In qualche senso, questo consente di fruire già di un prodotto sebbene ancora non esista. Per rappresentare processi aziendali progressivamente, ci si può avvalere di strumenti come Connexio.

    1=0,9999….?

    Per concludere questo percorso, vorrei portare l’attenzione del lettore sul fatto matematico che 1 è uguale a “0,999…”. L’uguaglianza si può dimostrare a partire dal fatto che “0,999…” è 0,9 + 0,09 + 0,009 +… ovvero che 0,999… è 9/10 + 9/100 + 9/1000 +…. Attingendo all’analisi matematica, si può applicare la formula per la somma delle serie geometrica, cioè una serie in cui si mantiene costante il rapporto tra un termine ed il successivo, si può concludere quanto affermato.

    Si noti però che questa uguaglianza è di natura topologica. Algebricamente non è per nulla scontato. Ed ora apriamo una finestra sulla complessità. Notiamo che 0,999… indica una procedura iterativa divergente, cioè senza fine:

    1. scrivi zero;
    2. scrivi virgola;
    3. scrivi nove;
    4. torna al passo precedente.

    La procedura è impraticabile, proprio perché è senza fine. Quindi se noi cercassimo di sostituire 1 con 0,999… in un qualunque calcolo matematico, lo renderemmo inconcludente!

  • Google Analytics e conformità alla normativa sulla privacy GDPR

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    Lo scorso 9 giugno 2022, il Garante Privacy ha ammonito un’azienda, al termine di una lunga istruttoria, evidenziando un illecito che, in realtà, è estremamente diffuso, legato all’utilizzo di Google Analytics. Se anche tu ne fai uso, forse ti stai chiedendo cosa fare per assicurarti la conformità al GDPR.

    Cos’è Google Analytics?

    Si tratta di un servizio gratuito che fornisce dati statistici descrittivi sulle visite del sito Web. Per attivare il servizio, si deve inserire direttamente o indirettamente un codice nelle pagine del sito. Quando il navigatore accede ad una di esse, alcuni dati vengono inviati nei centri di elaborazione di Google. Potenzialmente, i dati possono finire negli USA dove il livello di protezione dei dati personali è inferiore a quello europeo. Purtroppo, la pseudonimizzazione è inefficace perché Google è in grado di ricostruire le parti mancanti dei dati, incrociandoli con altri, fino ad identificare il navigatore.

    Come fare a capire se il proprio sito sta utilizzando Google Analytics? Quale versione?

    1. Visita il sito Web e fai clic con il pulsante destro del mouse ovunque. Quindi seleziona l’opzione che dice “Visualizza sorgente pagina” oppure puoi anche premere direttamente la combinazione di tasti: CTRL + U.
    2. Sarai diretto a una pagina che avrà molto codice di programmazione ma non farti prendere dal panico. Premi semplicemente la combinazione di tasti: CTRL+F (per PC) o CMD+F (per MAC). Ci sarà una piccola finestra pop-up in alto a destra dove puoi cercare, ad una ad una, le sequenze di caratteri qui indicate tra virgolette: “ga.js”, “analytics.js”, “gtag.js”,

    A mano a mano che ne digiti una, verrà automaticamente evidenziata nel codice sorgente della pagina. Se ne trovi almeno un allora il sito sta usando Google Analytics.

    Che fare? Aspettare!

    Google è all’opera ed i tecnici sono in attesa di novità a stretto giro. I miglioramenti di conformità di Google Analytics 4 rispetto al GDPR sono sono descritti da Google alla voce
    “Dati e privacy incentrati sull’UE”.

    • GA4 elaborerà tutti i dati dai dispositivi finali all’interno dell’UE su server nell’UE.
    • GA4 elabora gli indirizzi IP per la geolocalizzazione, ma non memorizza più gli indirizzi IP.
    • Sarà possibile disattivare Google Signals, impedendo il collegamento con gli account Google.
    • Si potrà regolare sia la granularità dei dati geografici sia quella del dispositivo raccolti (es. risoluzione dello schermo che richiede il consenso).

    …oppure, intanto, fare quel che si può!

    Se si decide di utilizzare gli strumenti di Google, conviene senz’altro passare alla più recente versione di Google Tag Manager, con l’aiuto di un tecnico. Se si deve restare su Google Analytics, sicuramente conviene assicurarsi di essere alla versione più recente (attualmente siamo alla 4).

    Nel frattempo, per chi ha impellenze, si possono attuare queste indicazioni per ottenere la maggiore conformità possibile:

    1. Limitare la raccolta di alcuni dati (come i dati su localizzazione, dispositivo o sistema operativo) per alcune nazioni.
    2. Valutare se tutte le metriche sono necessarie alla tua attività. Se si può, si disattivi “Google Signals”, valutando attentamente le implicazioni, specie le limitazioni nell’ambito dell’ambito advertising (remarketing in base ai dati analitici, reporting degli annunci, dati demografici e di interesse, modelli di conversione, rapporti in Google Ads).
    3. Utilizzare un server proxy, evitando così il contatto diretto tra il PC dell’utente e Google Analytics.
    4. Inserire la clausola di Google Analytics 4 nella privacy policy e chiedere il consenso esplicito.
  • Trasformazione digitale: come cominciare bene grazie ai casi d’uso ed alle ontologie

    Trasformazione digitale: come cominciare bene grazie ai casi d’uso ed alle ontologie

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    La trasformazione digitale è un processo di cambiamento aziendale che impatta sull’organizzazione. Nelle PMI, se ben condotta, aumenta il senso di coinvolgimento del personale ed è un’occasione per chiarire ruoli e mansioni e per sistemare prassi non ben definite.

    L’importanza dei casi d’uso nella trasformazione digitale

    I casi d’uso sono descrizioni sintetiche di come un’unità organizzativa o un singolo utente di un certo tipo interagisca con il sistema informatico aziendale per raggiungere i propri scopi. Solitamente si usano dei semplici diagrammi conformi al linguaggio visuale UML, indicanti i vari tipi di soggetti, detti: “attori”, ed i loro rispettivi obiettivi. A livello testuale, si aggiungono poi degli elenchi, da mantenere sulla decina di voci, che illustrano i principali passi che l’attore deve compiere. Si distingue uno scenario principale da qualche altro scenario alternativo, evitando diramazioni all’interno degli scenari.

    Un aspetto molto interessante dei casi d’uso è che si possono organizzare in livelli. Essi possono essere fatti corrispondere a livelli decisionali aziendali. Il livello base è detto livello utente o livello del mare, ed è quello focalizzato sugli obiettivi operativi della singola persona. Se si sale di livello, si passa agli obiettivi tattici delle unità organizzative (uffici e reparti) e poi ancora al livello strategico. Se, invece, dal livello del mare si scende, si passa al livello attuativo dello sviluppo software o addirittura, al massimo della profondità, al livello del singolo frammento di software.

    Ovviamente, è fondamentale mantenere la coerenza tra casi d’uso di livelli differenti.

    Per evitare dispersione in dettagli inutili senza perdere accuratezza, una buona analisi basata sui casi d’uso è reattiva e mirata. Per reattiva intendiamo dire che l’analisi procede dai livelli alti ai livelli bassi ma i livelli bassi forniscono indicazioni di fattibilità ed efficienza utili nell’assestare i livelli alti. Per mirata intendiamo dire che nella maggior parte dei casi non occorre scendere sotto il livello del mare.

    L’importanza delle ontologie nella trasformazione digitale

    I vari tipi di attori ed i loro obiettivi, rappresentati nei casi d’uso in UML, costituiscono una forma di rappresentazione della conoscenza aziendale. Più precisamente, si tratta di una rappresentazione che l’azienda fa di sé stessa. Questa è la base dell’intelligenza aziendale, come l’auto-coscienza lo è per le persone.

    A loro volta, attori ed obiettivi vengono descritti a partire da altri concetti aziendali. Molti di essi sono comuni, come: “fattura”, mentre altri sono specifici di settore (es. “mandato di importazione”) o addirittura fanno parte di ciò che rende l’azienda unica ed irripetibile (es. “brevetto N° XYZ”).

    Definire con chiarezza i concetti della conoscenza aziendale consente di concertare cambiamenti e sviluppare procedure organizzative e software. Si parla allora di ontologie, cioè di raccolte di definizioni di concetti e dei legami, di vario tipo, che ci possono essere. Per esempio, il legame fase / progetto è di tipo meronimo / olonimo (la fase è parte del progetto), mentre il legame prodotto finito / prodotto è di tipo iponimo / iperonimo (prodotto finito è più specifico di prodotto).

    Perché usare casi d’uso ed ontologie nella trasformazione digitale?

    Quando vale la pena investire energie nella redazione dei diagrammi dei casi d’uso o delle ontologie?

    Più l’ambito di conoscenza delle persone è eterogeneo, più è utile un’ontologia condivisa. Essa funge da contratto scritto multilaterale su come usare i termini che servono per descrivere l’organizzazione e la sua attività. Può non essere così importante il numero delle persone coinvolte. Conosco dall’interno un caso estremo: è quello di ORA – Orientamento Relazione Ascolto, un gruppo di consulenti che si occupano ciascuno di ambiti completamente diversi: organizzazione, finanza, legge, fisco, marketing, psicologia del lavoro, mediazione relazionale etc.

    Definendo un’ontologia, le persone riescono a trasmettere conoscenza in modo esplicito e si apre lo spazio alla gestione del cambiamento proteggendo la preziosa complessità dell’organizzazione, senza pericolose semplificazioni.

    Grazie all’ontologia, i casi d’uso saranno definiti con chiarezza ed il processo di cambiamento in ordine alla digitalizzazione sarà partecipato, esaltando gli aspetti caratterizzanti dell’organizzazione – quelli che tipicamente si manifestano in valore aggiunto, economicamente misurabile.