• Pensiero e Percezione

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    I cervelli delle persone, sebbene siano unici, hanno in comune le leggi biologiche e quelle dell’attività bio-neurale. Non so se, qualora fossimo capaci di riprodurre atomo per atomo la configurazione di un cervello, si possa clonare la mente ma sicuramente le menti possono condividere pensieri (nel senso di pensare pensieri analoghi) grazie alle basi materiali ed esperienziali comuni ed ai linguaggi. Non ci sono prove scientifiche di eventi telepatici, che io sappia. Dunque si può presupporre che ogni mente abbia un’intimità inaccessibile. Questo fatto lascia la porta aperta al libero arbitrio, all’anima ed alla metafisica in generale. Soprattutto, traccia una linea di confine oltre il quale non portare le riflessioni sulla Teoria dei Flussi, almeno nella fase della loro fondazione.

    La forma di pensiero più facile da condividere (nel senso sopra specificato) è la percezione.

    Le percezioni si manifestano nella mente ma sono flussi di informazione originate dai sensi. Parlandosi, tutte le persone che guardano il cielo limpido converranno che esso è celeste, eventualmente traducendo dalle varie lingue. Se la conversazione prosegue, ciascuno potrà arricchire la propria percezione con le sfumature dipinte dai pensieri degli altri. Se l’osservato non è qualcosa di molto semplice, però, scopriamo molto prima la bellezza del confronto.

    Volendo fondare una Teoria, devo aver chiaro che essa ha natura convenzionale: è vera nella misura in cui tante persone ci credono, ovvero rilevano corrispondenza tra pensieri formulati nella Teoria e pensieri indotti dalla percezione della realtà.

    Anziché nello spazio sociale / relazionale, si potrebbe ritenere vera una Teoria basandosi sul tempo: per una singola persona, la Teoria è vera nella misura in cui riesce a spiegare molte sue esperienze.

    Per “credere” e “spiegare” possiamo intendere: “formulare modelli predittivi efficaci”.

    Questa breve riflessione serve per fissare un punto molto semplice: le percezioni sono pensieri, si manifestano nella mente e si possono trasmettere da mente a mente linguisticamente in modo approssimativo. La mente è il luogo in cui, tra le altre cose, si rappresenta la realtà.

    Veritas est adaequatio intellectus et rei

  • Dal concetto di insieme a quello di flusso

    [Tempo di lettura: 2 minuti]

    Insiemistica è un termine matematico che fa pensare solamente agli insiemi ma, in realtà, tratta la relazione tra insieme ed elemento, tra pluralità ed individualità. Tutta la matematica si fonda sulla teoria degli insiemi, così com’è stata formulata da Zermelo e Fraenkel nel 1908 (v. Teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel). Essa consiste solamente in una decina tra assiomi (affermazioni assunte come vere) e schemi assiomatici (regole utilizzabili al contempo sia per costruire assiomi sia per controllare se un’affermazione è un assioma).

    Gli assiomi si esprimono in termini di “insieme”, “elemento”, “appartenenza” e di connettivi logici.

    Ecco per esempio l’assioma di estensionalità: “Due insiemi sono uguali se e solo se hanno gli stessi elementi”. Esso definisce un criterio preciso per stabilire se due insiemi sono uguali o no.

    La realtà ci pone spesso di fronte a situazioni in evoluzione, confuse o, addirittura, sfuggenti, nel senso che ciò che osserviamo richiede strumenti più rapidi, precisi o meno invasivi di quelli che abbiamo a disposizione.

    Nelle situazioni complesse, farebbe comodo un aiuto da parte della matematica: dov’è applicabile, trasforma ciò che è complesso in complicato e quindi, se ci si applica con pazienza e strumentazione adeguata, controllabile. Invece, salta uno degli assiomi di ZF, spesso proprio l’assioma di estensionalità, e l’intero apparato matematico non è più applicabile. Non è un peccato?

    Armati di una certa caparbietà, scienziati ed ingegneri si adoperano per far rientrare dalla finestra la matematica uscita dalla porta, per così dire. Si ricorre alla topologia, alla teoria della misura etc. e, al prezzo di utilizzare formalismi piuttosto pesanti, in qualche modo si riesce a mettere in piedi un qualche sistema di calcolo.

    E se invece…

    E se, invece, passassimo dal pensiero insiemistico, che presuppone un livello di controllo pressoché assoluto, ad un pensiero in cui ci sia spazio per la complessità? In cui si accetta di perdere un pochino il controllo? In cui non tutto è immutabile, non tutto è esplicitabile?

    L’idea che ho in mente è di candidare il concetto di flusso come base per una qualche entità simile alla matematica.

    Il flusso va concepito, a mio avviso, come qualcosa che emerge nella dinamica osservato – osservatore. L’osservatore che costruisce o rifinisce la rappresentazione dell’osservato, distingue parti di questo, nel suo evolversi. Si noti come questa concezione comprenda il tempo. Più precisamente, il tempo potrebbe risultare – è un’ipotesi di lavoro – come proprietà emergente della suddetta dinamica.

    Ragionando in modo molto grossolano in vari settori del sapere, potrebbe funzionare:

    • Che cos’è che è al contempo un’onda ed una particella? Un flusso!
    • Se al posto di trattare la relazione tra due categorie di entità condannate ad esistere su piani separati (insiemi ed elementi), trattiamo la relazione parte-tutto nel mondo dei flussi ecco che trova spazio l’approccio olistico / olonico.
    • Se si congela il tempo e se si fissa il livello di precisione dell’osservatore, i flussi sono riducibili ad elementi ed insiemi.
    • L’informazione è un flusso, quindi formalizzare il concetto di flusso può aiutare a fornire un fondamento alla Teoria dell’Informazione.
    • Il pensiero è flusso. Il linguaggio comunica pensiero: trasmette flusso.
    • Nei linguaggi formali, anche informatici, i segni per variabili indicano flussi di dati o di incognite.

    Questa ricerca va sviluppata lungo tre direttrici: realtà, intelletto e verità nel senso di adaequatio rei et intellectus. La prima direttrice è quella della raccolta di esempi in base ai quali definire i concetti che ci servono; la seconda si occupa del formalismo, della codifica in linguaggio e convenzione; la terza è quella dell’applicazione del modello concettuale formalizzato, in modo da validarlo o perfezionarlo.

  • Commento all’analogia delle 5 palline del CEO di Google, Sundar Pichai

    Commento all’analogia delle 5 palline del CEO di Google, Sundar Pichai

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    A seguito di una riflessione aperte da Paolo Mazzetto, su suggerimento di Nicola Zuliani, leggo sui social network che il CEO di Google, Sundar Pichai, oppure quello di Coca Cola, Brian Dyson, ha fatto un discorso molto incisivo, dove ha detto:

    Immagina la tua vita come se fossero 5 palline da far girare in aria cercando di non farle cadere. Una di queste palline è di gomma, altre 4 sono di vetro. Queste 5 palline sono: lavoro, famiglia, salute, amici, anima. Il lavoro è la pallina di gomma. Ogni volta che cadrai sul lavoro potrai saltare di nuovo (e anche meglio di prima) in un altro lavoro. Se invece a cadere sarà una delle altre, non ritornerà alla sua forma di prima. Sarà rotta, danneggiata, crepata. È importante diventare consapevoli di questo il prima possibile ed adattare adeguatamente le nostre vite. Come? Gestisci con efficacia il tuo orario di lavoro, concediti del tempo per te, per …

    Sinceramente, non ho verificato che il frammento di discorso provenisse effettivamente da Sundar o da Dyson, ma vorrei focalizzarmi sul pensiero espresso; non cambia molto sapere chi sia l’autore.

    Parto da un presupposto:

    La consapevolezza è la rappresentazione, nella mia mente, dell’ambiente in cui sono e di me stesso in tale ambiente. In questo modo, quando vivo un’esperienza, la struttura dell’esperienza corrisponde alla struttura rappresentata nella consapevolezza.

    Posso quindi riflettere sul mio tempo ed ha senso classificarlo in vario modo. In particolare, lo posso suddividere per grado di vicinanza:

    1. rapporto con me stesso,
    2. con la cerchia ristretta degli affetti (amici e parenti),
    3. con gruppi di interesse (associazioni, movimenti, community on line…),
    4. con la comunità (parrocchia, quartiere…),
    5. con l’umanità/divinità (per un non credente, l’Umanità è un’entità collettiva ed ha senso riflettere sul proprio rapporto con essa)

    …e per piano dell’esistenza, dal più concreto al più astratto:

    1. materiale,
    2. psico-affettivo-cognitivo…,
    3. morale-spirituale,
    4. metafisico – religioso,

    ottenendo uno schema con un numero di elementi ben più elevato e variegato di “5 palline danzanti nell’aria”, almeno 5×4=20.

    Per esempio, una delle combinazioni è il tempo che dedico sul piano psico-affettivo-cognitivo ai miei familiari, come quando aiuto i figli a fare i compiti. Ci sono anche combinazioni sorprendenti, alle quali la maggior parte delle persone che conosco pensano poco, come il tempo che dedico sul piano materiale al mio rapporto con la Divinità o l’Umanità.

    Personalmente, ho bisogno di ricordarmi che si tratta solo di una classificazione e che, in ultima analisi,

    il mio tempo è unitario.

    Dunque le palline non possono essere di vetro, metallo o gomma, non sono “modulari” bensì si compenetrano. Sono più come nuvole di vapore. Inoltre, la pallina, o, meglio, nuvoletta, del lavoro, come tutte le altre palline o nuvolette, si può rovinare, può non essere facile da ripristinare alla forma originaria e può “tirare giù” anche le altre.

    Sull’unitarietà del mio tempo (la mia vita) ho un nervo scoperto e la visione modulare e naive presentata da Sundar o Dyson, di primo acchito, provoca in me una reazione negativa.

    Ragionando con più calma, andando oltre l’analogia, colgo però un aspetto interessante: abbiamo più controllo sulla nostra dimensione lavorativa che sulle altre.

    Per spiegarmi meglio, estremizzo:

    • se un lavoro proprio non mi va, posso cambiarlo;
    • se un gruppo d’interesse non mi va più, posso rinunciare, non senza dispiacere.
    • se nella comunità in cui vivo (condominio, quartiere, parrocchia…) sono sorti conflitti insanabili, posso isolarmi o cambiare casa, ma è gran fatica;
    • se un figlio o un genitore proprio non mi va…

    Senza estremizzare, la questione si traduce in un invito, a me gradito, a vigilare sulle giuste priorità su scala quotidiana, settimanale etc.

    Non è sempre facile mantenersi focalizzati sui propri valori: per farlo, ho bisogno di fermarmi a riflettere laddove mi verrebbe spontaneo continuare a correre, a testa bassa, col rischio di trovarmi, senza sapere bene perché, con le 5 palline malconce…

  • Informatica Quantistica

    [Tempo di lettura: 2 minuti]
    I computer quantistici si stanno affacciando sul panorama tecnologico e presto saranno disponibili sul mercato. Il loro principio di funzionamento è molto complesso perché si basa sulla meccanica quantistica, scienza di cuial momento non vengono insegnati i fondamenti né alle scuole superiori né nei corsi universitari che non sianospecialistici come Fisica o AstronomiaLa situazione è molto simile a quella che si delineò alla fine degli anni ’50, quando chi non aveva le basi di elettronica non poteva in alcun modo ambire a comprendere il funzionamento di un calcolatore elettronico. Sebbene la conoscenza dell’elettronica sia fondamentale ancora oggi per chi voglia fare dell’informatica la propriaprofessione, è vero che è possibile programmare un computer anche senza conoscere questa disciplinaIn questo libro, l’autore estrapola dalla meccanica quantistica solo i principi base necessari per la comprensionedel nuovo paradigma di programmazione. Il risultato è l’apertura della possibilità di comprendere le basi della programmazione di algoritmi quantistici anche a chi non ha studiato FisicaPer ogni argomento trattato il libro propone i relativi esercizi di computazione quantistica. Dal momento che i computer quantistici non sono ancora diffusi, nel testo vengono presentati degli esercizi scritti in il linguaggio C, usando i quali è possibile mettere in pratica i concetti appresi. Gli autoriFrancesco Sisini è laureato in fisica, ha un master in Fisica nucleare e un dottorato di ricerca in tecniche radioisotopiche. Hainiziato a seguire il mondo informatico dalle scuole medie e si occupa attivamente di didattica e formazione aziendale nel campo del Machine Learning e delle reti neurali. E’ primo autore di diversi pubblicazioni su riviste scientifiche internazionaliValentina Sisini è studentessa di informatica. E’ responsabile dei prodotti di Scuola Sisini.
  • La riservatezza dei dati e gestione delle prenotazioni per acconciatori, estetisti, tatuatori

    La riservatezza dei dati e gestione delle prenotazioni per acconciatori, estetisti, tatuatori

    [Tempo di lettura: 4 minuti]

    La trasformazione digitale, complice la pandemia, investe in pieno il mestiere di chi ha cura della persona nella quotidianità. La bottega del mio barbiere, in qualche modo, deve trovare spazio nel mio cellulare. Questo però

    Sono molte le interazioni che le onde elettromagnetiche possono veicolare tra esercente e cliente. La principale è la prenotazione. Questo di per sé non è un dato particolarmente riservato ma lo sono i dati trattati a monte per poter gestire bene la prenotazione. In particolare, ci possono essere dati inerenti la salute, come, ad esempio, la segnalazione di allergie.

    È importante per un parrucchiere avere indicazione scritta da parte del cliente che è allergico a certe sostanze. Quando il barbiere usa la lama del rasoio, è bene che tenga presente che il cliente assume farmaci anticoaugulanti.

    Dal punto di vista della responsabilità giuridica, avere una dichiarazione scritta da parte del cliente serve per gestire bene i rischi legali correlati alla normativa GDPR sul trattamento dei dati personali e quelli correlati al trattamento del corpo.

    Come possono estetisti e tatuatori avere dati appena servono, intatti e protetti da occhi indiscreti?

    Inventario

    Redigere alcuni semplici elenchi:

    • aggeggi” usati per trattare dati: raccoglitori cartacei, cassetti, armadi, cellulari, computer, router, router wi-fi, firewall, stampanti…;
    • raccolte di dati: bollette e fatture dei fornitori, ricevute, rubriche telefoniche, schede anagrafiche, informative privacy, calendario prenotazioni, agenda cartacea…;
    • contratti, anche gratuiti, per servizi correlati ai trattamenti di dati: posta elettronica (anche quelle gratis hanno un contratto), fornitori di telefonia fissa e mobile, ospitalità per il sito web, gestionale…;
    • chi-fa-cosa: nominativi di persone, interne ed esterne, o ditte che hanno accesso alle varie raccolte di dati (es. ditta informatica fornisce il servizio di prenotazione via internet).
    • trattamenti di dati: questo elenco è il prodotto degli altri, in quanto consiste nell’indicare, per ciascuna raccolta, gli aggeggi usati, le persone coinvolte e gli eventuali contratti.

    Suggerimento: questo lavoro va fatto inizialmente in bozza nel più breve tempo possibile e poi revisionato aggiungendo gli elementi mancanti. Il fatto è che le voci sono tutte tra loro intrecciate e nel redigere un elenco solitamente ci si accorge di aver dimenticato una voce o un dettaglio importante di una voce di uno degli altri elenchi.

    Scenari catastrofici

    Ogni oggetto, raccolta dati, persona, entità, compresa perfino la Legge… tutto ciò che ha un nome e che ha a che fare con la nostra attività può essere origine di eventi dannosi. Volendo la pace, prepariamoci alla guerra… (vis pacem para bellum diceva qualcuno ben 1600-1700 anni fa). In particolare, questo vale per il bene più prezioso: i nostri beneamati clienti e quindi anche ciò che loro ci affidano in custodia: i loro dati.

    Per ciascun trattamento di dati del nostro elenco, chiediamoci: cosa succederebbe se i dati non fossero momentaneamente disponibili oppure se venissero alterati o acceduti da malintenzionati? Quanto è verosimile che succeda nei prossimi mesi o anni? Se succedesse, quanto potrebbe costarci?

    Per esempio, se usiamo intensamente il servizio di prenotazione on line e la linea internet non è raggiungibile perché la compagnia telefonica deve fare dei lavori per qualche giorno, rischiamo di dover avvertire tutti i clienti che siamo chiusi per un po’. Ma se ci fossimo organizzati in modo da rimpiazzare la fibra con un router wi-fi / 4G avremmo evitato disagi e brutte figure, a fronte di un piccolo investimento (aggeggio, contratto per la linea di telefonia mobile, complicazioni annesse da gestire). Ne sarebbe valsa la pena?

    Contromisure per mitigare rischi

    Oltre a valutare le conseguenze, spesso è utile anche riflettere un pochetto sulle cause. In questo modo, si riesce ad individuare un insieme di azioni, aggeggi, procedure etc. che, nel complesso, ci consentono di concentrarci tranquillamente sul nostro mestiere e che sono anche sostenibili senza affanni economici, finanziari ed organizzativi. A chi pensa in modo visivo, può risultare utile un diagramma a lisca di pesce, dove la testa è l’evento che si vuole scongiurare (dati persi o indisponibili quando servono o diffusi fuori controllo sebbene riservati), i nodi sulla linea centrale sono le possibili cause (es. il computer portatile che usiamo per le prenotazioni non è disponibile, la rubrica dei clienti è stata letta da uno non autorizzato) e le varie spine sono le cause della cause (es. si è rotto il computer portatile, mi hanno rubato il cellulare…).

    Trovare contromisure risulterà relativamente semplice. L’ultimo passaggio prima di agire consiste nel farsi due conti e confrontare i costi delle contromisure con l’entità dei rischi.

    Suggerimenti pratici

    Per quanto riguarda il trattamento di dati mediante strumenti elettronici, l’esperienza insegna che servono quasi sempre:

    • connettività ridondante: una linea principale, meglio su filo, ed una di scorta, meglio senza filo;
    • copie di sicurezza di tutte le raccolte di dati: sia su computer, che su cellulare che su cloud (neanche il cloud è esente da rischi: basta dimenticarsi di pagare l’abbonamento o, com’è successo nel marzo 2021 a Strasburgo, un incendio ad un datacenter);
    • software di sicurezza (una volta si chiamavano antivirus ma adesso devono fare anche tante altre cose) su tutti i computer, tablet e – non dimentichiamo – smartphone;
    • formazione: ogni giorno ci sono nuove minacce – lasciamo la questione agli esperti ma ascoltiamoli e, per esempio, impariamo ad individuare email che potrebbero ingannarci inducendoci a fare un bonifico a quello che sembra un fornitore abituale o ad installare, senza avvedercene, un programma che registra i tasti che premiamo anche quando entriamo nel sito della banca.

    Il suggerimento finale è questo: se ritenete utile l’intervento di un consulente per aiutarvi a gestire tutti questi aspetti avete ragione a farlo ma cominciate voi da soli in modo da far emergere dubbi e perplessità.

  • “Complessità e contraddizioni nell’architettura”: non si tratta di problemi logici di progettazione ma di vedere come dinamico ciò che pensavo fosse stabile per antonomasia

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    Mi sento a disagio a commentare una pietra miliare della cultura architettonica moderna, essendo io totalmente ignorante in materia. E’ il solito paradosso apparente, dovuto alla trasversalità del Pensiero della Complessità. Grazie a questo “linguaggio”, incredibilmente, riesco a capire quasi tutto il contenuto di questo intrigante testo.

  • “Complessità delle relazioni sociali. Tra logica e filosofia”: un viaggio fulmineo tra fondamenti della matematica e costruzione sociale della verità

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    Come si fa in così poche pagine a passare dai fondamenti della matematica ad aspetti socio-antropologici? Sono quasi incredulo mentre lo leggo. Al termine della lettura aggiornerò la recensione. Per ora… suspance!

  • “Visual Complexity”: un libro da contemplare più che da leggere

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    Immagini straordinarie sulla complessità. Belle, intriganti, stimolanti, divertenti. Grafici, fotografie, frammenti di libri antichi… Tante, tante, tante immagini. Da consultare quando se ne sente la necessità o quando si ha voglia di… immaginare.

  • “Le polilogiche della complessità”: ho letto l’ultima pagina…

    [Tempo di lettura: < 1 minuto]

    L’autore gioca sulla circolarità a più livelli. L’ho scoperto leggendo l’ultima pagina. Non lo faccio mai ma questa volta sono stato spinto da una bi-polarità: da un lato il libro è molto lungo e parla un linguaggio molto vicino a quello della filosofia, per cui si preannuncia oltremodo impegnativo per me, dall’altro lato il solo uso della parola “polilogiche” mi attrae terribilmente, tra l’altro facendo eco con l’argomento della mia tesi di laurea inerente la logica di base, da cui si possono derivare modularmente le grandi logiche note: classica, intuizionistica, paraconsistente, quantistica…

    Insomma, l’aspettativa è notevole. Staremo a vedere!

  • “La complessità del sé”: un classico per psicologi, una doppia sorpresa per me

    [Tempo di lettura: < 1 minuto]

    Ho trovato di estremo interesse questa lettura della costruzione del sé dal punto di vista della complessità auto-organizzata. Non pensavo di poter accedere a contenuti specifici di un campo del sapere che si trova all’esterno della mia area di comfort. Questo è stato reso possibile dal linguaggio unificante della teoria della complessità. D’altra parte, se la complessità è negli occhi di chi osserva, comprendere i meccanismi di base dell’osservatore è importante nel mio percorso.